Governo BisConte, requiem per l’autonomia delle regioni del Nord

Le dichiarazioni del neo ministro Boccia e del premier Conte non promettono nulla di nuovo. Le regioni del Nord saranno ancora le vacche da mungere per gli sprechi del Sud. 

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Attilio Fontana e Luca Zaia

Se c’era ancora un refolo di speranza per l’autonomia di Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna, le dichiarazioni delle ultime ore dei vari esponenti del governo BisConte fanno presagire un possibile, prossimo requiem per ogni velleità di maggiore autonomia, di autogoverno locale per dare risposte ai territori più evoluti e dinamici (oltre che meglio governati e più efficienti) di un’Italia sempre più sgarrupata.

Dopo i Cinque Stelle, ora ci si mette pure il PD a gettare acqua, tanta acqua sugli ardori autonomistici di Veneto e Lombardia e pure su quelli molto più morigerati dell’Emilia Romagna. Il combinato disposto delle due forze della nuova maggioranza del governo BisConte farà sì che tutto il Nord dovrà nuovamente rassegnarsi ad essere sempre quella vacca da mungere buona solo per trasferire vagonate di miliardi prodotti da realtà efficienti e ben governate a quelle dove si amministra alla giornata, all’insegna del “volemose bbene”, ultima ridotta elettorale di M5s e, in misura minore, del PD.

Del nuovo venticello soffiante sugli aneliti autonomisti se ne avuto sentore sia al recente Forum Ambrosetti di Cernobbio dove la tavola rotonda tra governatori ha fatto scaturire una realtà ormai sotto gli occhi di tutti: se mai ci sarà, l’autonomia sarà solo un pallidissimo ricordo delle richieste avanzate dalle tre regioni che l’hanno chiesta nell’ambito delle procedure disposte dalla riforma costituzionale voluta dal centro sinistra qualche anno fa.

Nonostante la richiesta da parte dei governatori Attilio Fontana (Lombardia) e Luca Zaia (Veneto) di ripartire dal punto raggiunto prima dell’apertura della crisi di governo, il nuovo ministro agli Affari regionali, il Dem pugliese Francesco Boccia, ha già dichiarato urbi et orbi che è necessario rivedere tutto l’impianto, spalleggiato in ciò anche dal premier Giuseppe Conte che ha ampiamente buttato alle ortiche quanto fatto nella sua precedente vita di premier del governo M5s-Lega.

E se Fontana e Zaia minacciano pubbliche piazzate nel caso in cui il voto referendario di milioni di cittadini finisca a tarallucci e vino, c’è sempre un presidente campano come il Dem Vincenzo De Luca a Cernobbio ha fatto la classica scena madre del migliore meridionalismo piagnone e assistenzialista.

D’altronde, De Luca è spalleggiato da un BisConte che in tema di autonomia ha dichiarato nei suoi interventi sulla richiesta di fiducia della nuova maggioranza che «è intenzione del Governo completare il processo che possa condurre a un’autonomia differenziata giusta e cooperativa», salvaguardando «il principio di coesione nazionale e di solidarietà’ e la tutela dell’unità giuridica ed economica» del Paese, definendo «i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civilie sociali e i fabbisogni standard attraverso un fondo di perequazione senza creare un Paese a due velocità, che aggravi il divario fra il Nord e il Sud».

Da par suo, il neo ministro Boccia afferma come «l’autonomia la vogliamo tutti. Ma deve essere nel pieno rispetto della Costituzione. Non ci può essere un’autonomia unilaterale, proposta da chi non vuole ascoltare le ragioni degli altri. Quel modello di autonomia differenziata si era arenato proprio di fronte alle difficoltà e ai contrasti sorti nella vecchia maggioranza». Per Boccia «sarebbe un grave errore riaprire il capitolo dell’autonomia dicendo che “o si fa così o si va avanti da soli”. Con i diktat non si va lontani. Ci sono servizi e prestazioni minime che devono essere uguali in tutto il Paese. Non è una variabile secondaria».

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Il gonfalone della regione Lombardia

Affermazioni che hanno fatto scattare la reazione del governatore lombardo Fontana: «se il governo dovesse “chiudere le porte” alle Regioni sull’Autonomia differenziata, andremo in piazza a dire ai cittadini che siamo stati presi in giro. Protesteremo in maniera democratica. Pretendiamo che ci sia una risposta. Faremo tutto quello che è possibile fare, noi nella democrazia ci crediamo e la nostra richiesta è nell’ambito della Costituzione».

Zaia dal serenissimo Veneto non è da meno: «dico due cose: Babbo Natale ne esce come un dilettante dopo aver sentito la lista della spesa di Conte. Conte ha omaggi e regali per tutti. La seconda è: ma se hai governato per 14 mesi e ti sei dimenticato di far tutte queste cose, perché non le hai fatte prima? L’autonomia – ha proseguito ZaiaConte ce l’avevapromessa in una conferenza stampa del dicembre 2018 e aveva detto che avrebbe chiuso la partita per febbraio 2019. Adesso siamo a settembre, qualcosa non mi torna. Il banco di prova saranno i fatti. sull’autonomia siamo preoccupati, ma non cediamo». Zaia ha ribadito che «l’autonomia è legale, è prevista dalla legge, e a Roma devono sapere che abbiamo i Veneti che sono andati a votare. Noi abbiamo la forza del referendum che loro non volevano. Conte governerà l’Italia con un partito che si chiama Pd che ci ha impugnato il referendum, e abbiamo dovuto ricorrere alla Corte Costituzionale, poi ci ha vietato l’uso della tessera elettorale. Adesso vorrei capire come faranno a fare l’autonomia i 5 Stelle, che ci hanno preso in giro per 14 mesi, e il Pd che non l’ha mai voluta. Magari si può essere folgorati sulla via di Damasco e questo potrebbe portarci bene».

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Il governatore del Veneto, Luca Zaia

E quanto ai paventati diktat evocati da Boccia, Zaia afferma come «non c’è nessun diktat, solo una legge da applicare. La Costituzione dice che una Regione può chiedere fino a 23 materie, noi le abbiamo richieste tutte, punto. Invece di raccontarci storie, il Governo deve prendere un pezzo di carta bianca e scrivere la sua proposta di autonomia. Boccia dica al mondo qual è la sua idea di autonomia».

E visto che qualcuno aveva detto che «l’autonomia ce l’abbiamo in mente», da Zaia la sfida a “vedere” il progetto partoritodalla nuova maggioranza Pd-M5s: «dopo il varo del governo, attendiamo ancora qualche settimana al massimo per avere una proposta concreta. In caso contrario, la nostra risposta sarà affidata alle piazze e ai cittadini».

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