Lo storico marchio bolognese La Perla cerca il rilancio e si quota a Parigi

Sindacati critici per la mancanza di un piano industriale da parte della nuova proprietà Tennor Holding. Bene il debutto alla Borsa (+22%) ma con scambi ridotti. 

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La Perla è sbarcata in Borsa a Parigi facendo il debutto sull’Euronext Growth, il mercato dedicato alle Pmi, con un buon risultato (+22%), ma con pochi scambi sul titolo dello storico marchio bolognese di lingerie di lusso.

La quotazione, ha spiegato l’amministratore delegato Pascal Perrier, «aumenterà la visibilità di La Perla e migliorerà l’accesso al capitale» per il rilancio.

L’approdo sui mercati finanziari costituisce l’ennesimo colpo di scena nella storia tormentata degli ultimi anni della società fondata a Bologna nel 1954 da Ada Masotti, finita pure in asta giudiziaria nel giugno 2013, dove ad aggiudicarsela era stata Sms Finance, la holding del fondatore di Fastweb, Silvio Scaglia. Una proprietà durata solo pochi anni: nel 2018 la società è passata nuovamente di mano alla Tennor Holding (ex Sapinda Holding) del discusso finanziere tedesco Lars Windhorst.

Nonostante i diversi tentativi di rilancio sia di Scaglia che della Tennor, la difficoltà sono continuate, tanto che nel 2018 le perdite operative hanno toccato i 71 milioni di euro su un fatturato di 86 milioni, l’indebitamento finanziario netto è salito a 103 milioni. La difficoltà pesano soprattutto sui dipendenti La Perla: a giugno è stata aperta una procedura di mobilità per 126 su 500 nello stabilimento di Bologna, dove resta concentrata la produzione, salvo essere sospesa ad agosto, in vista del prossimo incontro al Mise, in calendario tra pochi giorni.

Da parte sua, l’azienda afferma in un comunicato che mira a trasformare la struttura organizzativa e aumentare la redditività con una ristrutturazione, ad ampliare le linee dove è maggiormente forte e valorizzare il commercio elettronico, oltre ad «aumentare la capacità dello stabilimento produttivo di La Perla a Bologna».

Scettici i sindacati: per la Filctem-Cgil bolognese, «la quotazione in Borsa della società non è una novità. Solo non capiamo su quale progetto di sviluppo si basi, e se non lo capiamo noi, non lo capiscono nemmeno gli investitori». Quanto all’aumento della capacità dello stabilimento bolognese i sindacati sono dubbiosi: «è sempre stato previsto il mantenimento dell’assemblaggio e la riduzione dello sviluppo dei prodotti e della produzione dei capi d’altissima gamma. Se da tutto ciò consegue un aumento della produzione bisogna capire come».

Tornando alla quotazione alla Borsa di Parigi, il debutto sull’Euronext Growth, il mercato dedicato alle Pmi che richiede requisiti meno stringenti per il via libera alla quotazione, si è chiuso in rialzo del 22% a 5,5 euro (rispetto ai 4,5 euro di quotazione) con il passaggio di poco più di 19.000 azioni, pari solo all’1,8% circa del capitale.

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