Bastava solo un po’ di buonsenso, quello che la politica trentina non ha avuto, per rimettere a posto le cose nel senso atteso dai più: a Trento, il Comitato provinciale per i beni culturali ha messo la parola fine alla diatriba innescata dal direttore del Muse, Michele Lanzingher, cassando il progetto di planetario che voleva realizzare nei giardini rinascimentali di Palazzo delle Albere, sede trentina del Mart, limitrofi al Museo di scienze naturali.
Una decisione doverosa, visto che il progetto del planetario era un bel pugno in entrambi gli occhi: tre sfere ad effetto metallico di diverse dimensioni a simulare le molecole che compongono l’acqua (H2O) che stridevano decisamente con il paesaggio e la veduta da Palazzo delle Albere, progetto su cui si sono levati gli strali anche del presidente del Mart, il critico d’arte Vittorio Sgarbi che ha cassato il progetto senz’appello.
In carenza di coraggio da parte dell’assessore provinciale alla cultura nell’affrontare la questione in prima persona che ha scaricato la patata bollente sul Comitato, è toccato a quest’ultimo mettere a posto le cose, rispettando il vincolo di tutela culturale gravante sul rinascimentale Palazzo delle Albere, anche al fine di preservarne il decoro e la cornice ambientale.
Barcamenandosi tra un «grande apprezzamento per i valori culturali dell’iniziativa proposta e del relativo progetto, dopo un’ampia e approfondita discussione il Comitato ha espresso parere non favorevole all’opera del planetario in quell’area, in ragione delle dimensioni che la struttura dovrebbe avere, oltre che per via delle interferenze visive con lo sfondo e con il contesto del Palazzo». Il Comitato ha quindi auspicato che «l’opera possa trovare una collocazione più idonea nelle vicinanze del Muse e che ora possano essere avviati i necessari interventi di restauro e di valorizzazione del Palazzo delle Albere e del prato».
Una soluzione a portata di mano, giudicata fattibile anche dallo stesso Sgarbi, è realizzare il planetario scavando nell’areaverde limitrofa al Muse, sfruttando così anche la possibilità di realizzare un accesso diretto alla struttura senza dovere uscire all’aperto e camminare per circa un centinaio di metri. La soluzione in sotterranea, poi, porrebbe fine anche ad un altro aspetto criticato del progetto originario: inutile investire risorse in una struttura temporanea che avrebbe dovuto durare solo una decina d’anni. Se un investimento si deve fare, meglio farlo bene e per realizzare una struttura che possa durare nel tempo, per di più utilizzando meno energia per la climatizzazione della struttura rispetto ad una struttura esterna.
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