Con aumento dell’Iva nel 2020 calo dell’1,6% nei beni di largo consumo

Secondo studio Iri la domanda tornerebbe ai livelli del 2016.

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Secondo IRI, società specializzata nelle informazioni di mercato per il largo consumo, il commercio al dettaglio e consumatori, l’eventuale aumento del gettito Iva nel 2020 determinerebbe un calo pari all’1,6% dei volumi del largo consumo, con la domanda che tornerebbe ai livelli del 2016.

La crisi di governo delle ultime settimane riporta al centro il tema dell’aumento IVA nel 2020 e il rischio è che ma mancanza di un esecutivo nei pieni poteri possa non reperire le risorse necessarie per la sterilizzazione delle clausole di salvaguardia inserite nella legge di bilancio del 2019 che prevede l’aumento delle imposte indirette dal 2020, fatto salvo il reperimento (in totale) di circa 50 miliardi di euro nei prossimi due anni, per rispettare i vincoli che l’Italia ha nei confronti dell’Unione Europea.

Attualmente circa il 75% del giro d’affari dei beni di largo consumo è sottoposto alle aliquote ordinaria (22%) ed agevolata (10%), che sono oggetto dell’intervento previsto dalle clausole di salvaguardia. L’aliquota media a cui sottostà oggi il largo consumo è di circa il 12%. La possibilità di assorbimento degli aumenti da parte dei distributori è perciò limitata. Le clausole di salvaguardia prevedono l’aumento dell’aliquota IVAridotta” dal 10% al 13% nel 2020 e l’aumento dell’aliquota IVA “ordinaria” dal 22% al 25,2% nel 2020 e al 26,5% nel 2021.

L’eventuale applicazione delle clausole IVA, nel caso di pieno trasferimento ai prezzi al dettaglio, farebbe quindi calare sensibilmente la domanda a volume di prodotti di largo consumo (-1,6%) riportandola ai livelli del 2016. L’aliquota media sarebbe del 14,3% e comporterebbe un incremento del gettito IVA di 1,2 miliardi di euro che andrebbero a sommarsi ai 7,2 attuali. I ricavi non recupererebbero l’inflazione generale (+2,3%) con effetti negativi sulla crescita del comparto che sarebbe sostanzialmente piatta (+0,6%).

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