Nell’ambito della ventesima edizione di “Tra ville e giardini. Itinerario di musica e teatro nelle ville e corti del Polesine”, il chitarrista e compositore Mike Stern si è esibito in un set unico durato oltre novanta minuti, affiancato da validi musicisti, con i quali da tempo intrattiene rapporti di lavoro: il sassofonista tenore Bob Franceschini, il bassista elettrico Tom Kennedy, il batterista Dave Weckl.
Con il consueto sorriso fanciullesco, apparentemente timido, Mike Stern esegue il brano d’apertura, “Nothing personal”, assai lungo, alternando fraseggi funky e jazzistici. L’avvio compete a Dave Weckl, che suona la propria batteria, poiché ha una residenza in Italia, essendo sposato con una donna italiana. E’ una Yamaha con la cassa grande, due tom e due timpani ed un set di sette piatti. Durante lo svilupparsi del brano, Weckl accennerà anche ad un accompagnamento afro, contrassegnato dall’uso di un campanaccio. Come sempre, tende a scomporre più che può un semplice 4/4, cercando di farci star dentro un numero sempre crescente di figurazioni. Il pubblico, accorso numeroso, apprezza il suo stile percussivo e ad ogni intervento solistico gli tributa applausi e quei rumori vocali, maggiormente caratteristici dei megaconcerti negli stadi. Mike Stern è il primo a gettarsi nell’assolo, facendo trasparire la gioia di suonare e il desiderio di farlo per lungo tempo. A seguire, il suono corposo del sax tenore di Bob Franceschini, con qualche influenza, forse, del veterano Sonny Rollins. C’è poi una interminabile serie di breaks: 12 misure per la chitarra ed il sax, in alternanza a 24 per la batteria, che poi si lancerà in un lungo assolo.
Melodica e cantabile è “All you need”, una composizione di facile presa, accattivante, che quasi sempre Mike Stern inserisce nella scaletta dei concerti. Dopo un considerevole inizio di chitarra, entra il basso elettrico di Tom Kennedy, mentre Weckl stende un tappeto sonoro con le spazzole. Stern suona e allo stesso tempo emette vocalizzi, uguali a ciò che sta producendo il suo strumento, prima di instaurare un felice dialogo con il sassofono.
Stern e Weckl sono assoluti protagonisti nel brano successivo, dove il batterista percuoterà a mano nuda tamburi e piatti, dimostrando una sensibilità interessante, forse più di quando utilizza le bacchette.
Gli ultimi due brani sono tratti da “Trip”, l’ultimo album, datato 2017. Il primo, “I believe you” è una delicata ballad dall’andamento lento. Weckl opta per le spazzole, mentre Stern sfoggia di nuovo una convincente vocalità. Il secondo, “Trip”, collocato in apertura del disco, è un’irruenta intersecazione di Funk e Rock, contrassegnata da suoni distorti e da lunghe improvvisazioni che riscaldano la platea.
Sarebbe finita ma, come succede sempre, previa risposta positiva alla domanda “Volete che ne suoni un’altra?”, la Band ritorna sul palco. Weckl avvia un’interessante marcia funky, che si svilupperà in un armonioso Blues con caratteristiche del Songbook proprio di Jaco Pastorius. “Ne volete un’altra?”, grida allora Mike Stern, e al giubilo suscitato, esegue l’immancabile brano bis, “Red House”, di Jimi Hendrix, in cui dimostra quanto gli piaccia anche cantare. Ne esce una versione ben equilibrata, che lascia tutti soddisfatti.
Detto dei due co-leader, meritano l’encomio sia Tom Kennedy, ormai specializzatosi nel basso elettrico a 5 corde, che iniziò ad abbracciare a 17 anni, lasciando in disparte il contrabbasso; sia Bob Franceschini, che è riuscito a ritagliarsi una serie di assolo mai invadenti, né scontati, certamente utili a spezzare il monopolio chitarra/batteria.
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