L’Italia è sempre il fanalino di coda dell’Europa in tema di giustizia civile e penale secondo i dati contenuti nel III Rapporto “La fotografia della giustizia: un confronto tra regioni” realizzato dall’Ufficio comunicazione e studi di Confartigianato Imprese.
Per Agostino Bonomo, presidente di Confartigianato Imprese Veneto, «è necessaria una riforma del processo civile per sentenze in tempi rapidi. Di questo hanno bisogno, come l’aria, l’economia e la società venete e questo prometteva il progetto di legge delega del Governo che, nell’arco di due anni, avrebbe dovuto riformare il processo civile, oltre a quello penale. Vedremo come evolve la crisi di Governo ma qualunque cosa succeda, resta fondamentale velocizzare tutte le procedure, così da arrivare a sentenza in tempi più rapidi rispetto a quelli attuali».
I dati 2019 mettono in luce un tentativo di miglioramento dovuto più alla efficienza degli addetti ai lavori ed alla dinamica della società civile che dal progresso del sistema giustizia regionale: il numero dei giudici è cresciuto nel corso dell’anno di 6 unità (+9 giudici ordinari e -3 onorari), il tasso di scopertura (la differenza tra quelli previsti e quelli effettivi) è appena calato passando dal 12,6% all’attuale 11,1%. Anche a livello italiano tale valore è calato al 12,7% (era il 13% nel 2018). Il numero di impresevenete che “gravano” su ogni giudice è leggermente calato passando da 1.367 a 1.321 (-3,36%) restando comunque un dato altissimo rispetto alla media nazionale di 878 ed il III peggiore in Italia. La “distanza” tra il distretto giudiziario di Venezia e quello di Reggio Calabria è del 381% in più! Stessa situazione nel caso degli abitanti: cala leggermente in Veneto il loro “peso” per ogni giudice 13.326, terzo peggior dato italiano e, sempre rispetto a Reggio Calabria 370% in più.
Dati scoraggianti anche nel focus sulla giustizia civile e del lavoro, che riguarda più da vicino le imprese. L’anno sembra essere trascorso senza grandi miglioramenti. I 242 giudici effettivi (ordinari ed onorari) ad esse dedicati (tasso di scopertura 10,7%) hanno dovuto far fronte ad un bacino di 19.879 abitanti ciascuno (+35,1% rispetto ai 14.712 della media Italia), a 1.971 imprese, il IV valore più alto in Italia e +32,8% rispetto alla media. Magistrati che lavorano però con elevata efficienza dato che le cause pendenti per tribunale a fine 2018, sono ben al di sotto della media (13.403 contro le 14.967 nazionali) e in totale scendono da 4 anni: siamo passati dalle 113.967 del 2015 alle attuali 93.818 con una contrazione del 17,7% (-8,4% solo nell’ultimo anno). Ad aiutare questo snellimento anche la minore litigiosità dei Veneti che si esplicita in un calo costante delle cause aperte nell’anno passate dalle 143.399 del 2014 alle 113.055 del 2018.
Il vero dato incoraggiante che emerge dall’indagine è la contrazione della durata dei procedimenti civili (di primo grado) accorciatasi in Veneto, nell’ultimo anno, di 17 giorni (durata media 277 giorni) un dato molto buono rispetto alla media italiana di 369. Cittadini ed imprese devono attendere il 25% di tempo in meno in Veneto – tre mesi in meno – per avere una sentenza, un dato non banale che contribuisce a rendere il territorio regionale attrattivo per insediamenti produttivi e imprenditoriali in genere.
In tema di giudici di pace resta, rispetto allo scorso anno, immutato il grandissimo problema del tasso di scopertura. In Veneto manca il 60% dei 105 giudici di pace previsti in pianta organica (effettivi sono solo 42) e a livello nazionale va pure peggio con il 64,7% di carenza (1.240 operativi su 3.516 previsti). Un dramma poi se si va a misurare quante imprese e cittadini gravano mediamente su ognuno di loro: 114.540 abitanti a testa in Veneto (+134,8% rispetto alla media nazionale ferma a 48.775). Anche se di poco, le cose migliorano quando si parla di imprese. Il Veneto è maglia nera nel Paese con 11.358 imprese per giudice di pace (+130,9% rispetto media Italia).
Il Rapporto dell’ufficio statistiche del Consiglio Superiore della Magistratura fotografa la distribuzione secondo il genere della magistratura italiana che vede una leggera prevalenza di donne pari al 52% con una età media di 47 anni, inferiore a quella degli uomini (51). Al Nord la percentuale di donne aumenta al 55% mentre l’età media (uomini e donne) in Veneto è più alta di quella nazionale 47,7 anni per gli ordinari e 53,6 per gli onorari (46,8 e 53,5 i rispettivi valori Italia).
«Prevalenza femminile e anzianità – secondo Bonomo – sono aspetti che, anche per la magistratura, devono essere analizzati per essere gestiti al meglio. Il raggiungimento dell’età pensionabile – grazie anche a quota 100 – da parte di un numero consistente di giudici è certamente un fattore di ulteriore difficoltà per le performances della giustizia di cui va tenuto conto. La grande conquista delle donne poi che, in poco più di 50 anni grazie alla legge del 1963 che ha aperto loro le porte di tutti gli incarichi ed impieghi pubblici compresa la magistratura, hanno superato in numero i colleghi magistrati maschi, ha aumentato le (auspicabili) assenze per maternità. Un diritto che va difeso anche mettendo in campo meccanismi compensativi per evitare situazioni difficili come ad esempio nell’ultimo quadriennio al tribunale di Vicenza che ha dovuto far fronte a diverse assenze. A tal fine – prosegue Bonomo -, esiste un recente quanto lungimirante istituto di mitigazione, i magistrati distrettuali. Una sorta di jolly a copertura delle carenze temporanee per i motivi più diversi, di istanza presso ogni distretto di Corte d’Appello. Figure che vanno però potenziate e non rese marginali come oggi in Veneto dove l’unico assegnato non risulta più operativo».
«Registriamo qualche cenno di miglioramento ma, in tema di giustizia, restiamo fanalino di coda in una Italia lontanadall’Europa. L’economia ha bisogno di una riforma che riduca i tempi del civile e penale. Va stabilito – afferma Bonomo – che se c’è un tempo che va rispettato, quel tempo “dei processi” deve essere rispettato e devono essere previste delle conseguenze se il magistrato che è stato messo in condizione di rispettare i tempi non lo ha fatto. Non si può più aspettare. Bloccare una riforma che riduce i tempi della giustizia civile e penale significa bloccare l’economia italiana, e questo non è tollerabile. Ce lo chiedono i cittadini italiani e gli investitori stranieri, che guardano alle classifiche internazionali in cui siamo fanalino di coda; penso ad esempio al recupero crediti. Tra le novità che potrebbero essere introdotte dalla riforma – conclude Bonomo – vediamo con favore, per il processo civile che sia previsto di ridurre i casi in cui il Tribunale giudica in commissione collegiale e che vengono fissati tempi più stringenti per la fissazione delle udienze. C’è poi una stretta anche sui casi in cui è possibile ricorrere in appello. Bene anche l’obbligo che il deposito degli atti avvenga per via telematica e la notifica dei documenti debba essere eseguita con posta elettronica certificata».
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