Tra gli effetti della recente ondata di maltempo sul litorale romagnolo c’è anche il divieto di balneazione scattato in molte località della costa dopo i rilevamenti effettuati dall’Arpae che ha verificato lo sforamento dei limiti di legge in 22 punti del litorale.
L’eccesso di pioggia concentrata in poco tempo ha fatto collassare il sistema di raccolta e smaltimento delle acque bianche che ancora in troppi comuni non sono separate dalla rete della fognatura nera, con il risultato di mandare in sovraccarico i depuratori – laddove esistono – e di aprire gli sfoghi di “troppo pieno” riversando direttamente a mare tutto il ben di Dio che la civiltà moderna scarica nelle fogne, spesso utilizzate a mo’ di impropria discarica inurbana.
Così, in piena stagione turistica è scattato il divieto di balneazione temporaneo in 13 punti del litorale di Rimini, 2 a Riccione, 2 a Cattolica per lo sforamento dei parametri di legge di escherichia coli e enterococchi. Il divieto riguarda anche due zone a Lido di Volano (Ferrara), uno a Savignano, uno a Cesenatico e uno San Mauro, nella provincia di Forlì-Cesena.
Le bandiere bianche e rosse issate nei vari lidi segnalano il divieto di balneazione ai turisti che affollano le spiagge che farebbero meglio ad evitare per qualche giorno di fare il bagno in mare, preferendo quello delle piscine degli alberghi.
Tutti gli operatori turistici e gli stessi ospiti sperano nei prossimi prelievi che saranno effettuati mercoledì per capire se il divieto possa essere o no tolto.
La vicenda evidenzia ancora una volta il ritardo nell’adeguamento delle reti fognarie di molti, troppi comuni italiani, con le acque bianche provenienti dal dilavamento stradale e dalle gronde degli edifici ancora fatte confluire nelle condotte delle acque nere, che finiscono con il sovraccaricare il lavoro dei depuratori e a costringere lo scarico diretto quando l’afflusso è superiore alla capacità di trattamento. Sarebbe poi opportuno, nelle more dell’adeguamento, la costruzione di vasche di accumulo dei “troppo pieno” per evitarne lo scarico diretto nei fiumi e a mare nelle località costiere. Sarebbe un investimento lungimirante, che costa decisamente meno del cattivo ritorno d’immagine di un mare inquinato da coliformi fecali.
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