Periodicamente, con un fiume carsico, torna alla luce la proposta di abolire il bollo auto, uno dei balzelli più odiosi tra le mille tasse che tartassano cittadini ed imprese, sia per la sua struttura recessiva, sia per le difficoltà per adempiere al suo pagamento. Ora tocca al vicepremier grillino Luigi Di Maio tirare nuovamente fuori dal cassetto la proposta in vista della prossima legge di bilancio.
Di Maio, partendo dall’ennesimo crollo del mercato dell’auto italiano ed europeo, si è detto favorevole a provvedimenti per rilanciare il comparto, lanciando la proposta di «eliminare quella tassa odiosa che è il bollo auto», aggiungendo poi che intende «trovare i soldi per permettere che un’auto, mi auguro sempre più ecologica, possa essere meno tassata; l’idea è di una consistente riduzione del bollo o di una sua vera abolizione, per la quale, da qui a fine anno, dobbiamo mettere insieme le risorse». Bello, bene, bravo! Peccato che a questa drammatica situazione lui abbia contribuito non poco.
Peccato che la realtà sia ben più difficile e complessa di quel che propone il giovane guaglione da Pomigliano d’Arco, visto che il togliere il bollo sull’auto significa mettere in moto un valzer finanziario che vede coinvolte le regioni, primarie destinatariedel gettito di circa 7 miliardi annui che genera la tassa.
Fa strano che sia Di Maio a rilanciare una proposta che è stata concepita da Silvio Berlusconi, ma mai attuata, neppure parzialmente. Eppure, se ci fosse un’autentica volontà politica, sarebbe anche abbastanza facile intervenire, soprattutto per alleviare gli oneri burocratici connessi alla sua riscossione, consentendo il pagamento senza oneri presso uffici postali, banche e tabaccherie, oltre che utilizzare i moderni sistemi di pagamento senza oneri aggiuntivi rispetto al pagamento per contanti.
Sul lato pratico, si potrebbe trasferire l’onere del bollo su una compartecipazione maggiore delle Regioni sulle accise deicarburanti venduti nel loro ambito territoriale, mantenendo invariato il costo finale per il consumatore. Sarebbe anche più equo, in quanto chi più consuma (e inquina), più paga.
Poi, Di Maio farebbe bene a trarre un bilancio anticipato del provvedimento da lui fortissimamente voluto del “bonus-malus”, abrogandolo immediatamente, visto che supporta solo l’affossamento dell’industria nazionale.
Infine, Di Maio e allegra compagnia giallo verde farebbero bene ad emanare provvedimenti quadro obbligatori per tutti gli amministratori locali per evitare che vengano adottati provvedimenti a macchia di leopardo relativamente ai divieti di circolazione per i veicoli anche seminuovi per motivi ambientali che finiscono solo per disorientare cittadini ed imprese,senza alcun risultato tangibile sul fronte della mitigazione dell’inquinamento.
Con tutta probabilità, questi suggerimenti rimarranno lettera morta, vuoi per l’incapacità di gran parte della compagine di governo, vuoi per questioni di quadratura dei conti pubblici, chiamati ad uno sforzo di almeno 40 miliardi di euro per evitare l’aumento dell’Iva ed altre gabole già decise e pronte a scattare il primo gennaio 2020. Ma cancellare il famigerato “bonus-malus” è possibile a costo zero, anzi con la possibilità di risollevare il mercato generando così maggiori entrate per le casse asfittiche dello Stato.
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