Economia dell’Emilia Romagna in rallentamento

Il settore produttivo risente del clima di fiducia in peggioramento. Fine di legislatura regionale critica per la giunta Bonaccini.

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Nei primi tre mesi del 2019, dell’economia dell’Emilia Romagna emergono segnali di rallentamento per produzione, fatturato e ordini per l’industria manifatturiera. Performance positive per i settori legno e mobile, ancora segno positivo per industrie meccaniche, elettriche e mezzi di trasporto, stop nell’industria alimentare, flessione per metallurgia e lavorazioni metalliche, rosso per la moda. Mentre le esportazioni crescono, ma con un ritmo più lento.

È questa l’immagine dell’economia dell’Emilia Romagna in chiusura della legislatura regionale che evidenziata dall’indagine congiunturale sul primo trimestre 2019 sull’industria manifatturiera, realizzata in collaborazione tra Unioncamere Emilia Romagna, Confindustria Emilia Romagna e Intesa Sanpaolo.

In base ai risultati della rilevazione, si registra un rallentamento della dinamica produttiva delle piccole e medie imprese dell’industria in senso stretto dell’Emilia Romagna che si riduce dello 0,7% rispetto all’analogo periodo del 2018, con una chiara inversione di tendenza rispetto ai tre mesi precedenti (+0,6%). Così è anche per il valore delle vendite che si è ridotto dello 0,5% rispetto allo stesso periodo del 2018, subendo un’inversione di tendenza rispetto al risultato del trimestre precedente (+1,3%), più marcata rispetto alla produzione.

Al rallentamento della dinamica della produzione e del fatturato, interno ed estero, e si è associato un appesantimento della tendenza negativa del processo di acquisizione degli ordini, che ha subìto una flessione tendenziale dell’1,9%. Si tratta di un segnale prospettico piuttosto negativo. Anche i soli ordini pervenuti dall’estero hanno subito un ulteriore peggioramento rispetto del trimestre precedente (-0,4%), accusando una flessione tendenziale dell’1,0%.

Il grado di utilizzo degli impianti si è attestato al 76,3%, un dato leggermente inferiore rispetto al livello del 77,8% riferito allo stesso trimestre dell’anno precedente.
Il periodo di produzione assicurato dal portafoglio ordini risulta pari a 10,3 settimane, in calo rispetto al dato del trimestre precedente (10,9 settimane).

Riguardo ai settori, la crescita della produzione più rapida si riscontra nella piccola industria del legno e del mobile che registra l’aumento del fatturato (+1,8%). Resta il segno positivo nelle industrie meccaniche, elettriche e dei mezzi di trasporto. L’industria alimentare si arresta: il fatturato non riesce a salire più dello 0,2%. Flette lievemente l’aggregato delle altre industrie manifatturiere, si riduce per la metallurgia e le lavorazioni metalliche, mentre è profondo il calo per il sistema moda che vive la peggiore condizione congiunturale tra i settori considerati, con un crollo della produzione (-5,8%) e del fatturato complessivo (-4,6%).

Circa alle classi dimensionali, la flessione è stata generalizzata, ma è apparsa marcata la correlazione positiva tra attività e dimensione d’impresa: l’andamento congiunturale è risultato meno grave al crescere della dimensione aziendale. In particolare, per le imprese minori la produzione è scesa del 2,2%, mentre la flessione della produzione non è andata oltre un -0,7% per le piccole imprese e un -0,3% per le imprese medio-grandi.

Con riferimento ai dati diffusi dall’Istat, le esportazioni emiliano romagnole sono risultate pari a circa 15.536 milioni di euro e hanno fatto segnare un incremento del 5,2% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. L’andamento regionale appare comunque notevolmente migliore rispetto a quello delle vendite all’estero del complesso della manifattura italiana (+1,9%).

Il segno positivo ha prevalso in quasi tutti i settori. Il risultato regionale è da attribuire principalmente all’industria dei macchinari e delle apparecchiature, che ha realizzato il 28,5% delle esportazioni regionali. Gli altri contributi più rilevanti sono stati quelli forniti dall’industria dei mezzi di trasporto con una crescita dell’8,4% e dalle vendite all’estero dell’altra manifattura (+28,9%). Seguono gli apporti della metallurgia e dei prodotti in metallo e della chimica, farmaceutica, gomma e materie plastiche (+7,5%). Risulta invece sostanzialmente fermo l’export delle industrie della ceramica e vetro (+0,1%) e delle apparecchiature elettriche, elettroniche, ottiche, medicali e di misura (+0,5%). Segno rosso per il legno (-2,5%).

A fare da traino alle esportazioni regionali di prodotti dell’industria manifatturiera sono i mercati d’Europa che coprono il 66,2% del totale (+ 4,0%), in particolare verso l’Unione europea, con una quota del 59,1% (+5,2%). Nell’area dell’euro si segnala la crescita più contenuta del mercato tedesco (+3,8%), e francese (+2,3%). Fuori dell’area dell’euro, prosegue il boom nel Regno Unito (+20,2%). Al di fuori del continente europeo, crollo delle esportazioni verso il mercato turco (-34,2%), effetto della crisi economica e della svalutazione della lira.

La crescita sui mercati americani non è andata oltre il 2,4%, risultato determinato dalle vendite negli Stati Uniti (+2,7%). L’export regionale si rafforza sui mercati asiatici (+14,0%). In particolare le esportazioni destinate in Cina, dopo il rallentamento dei due trimestri precedenti, riprendono una frenetica corsa (+24,1%). Segno rosso verso l’Oceania.

Secondo l’indagine Istat, l’occupazione dell’industria in senso stretto ha chiuso il primo trimestre a poco più di 548.000 unità, con una crescita del 7,57%, pari a oltre 38.000 unità, rispetto allo stesso trimestre dell’anno scorso. Il risultato positivo è da attribuire sia agli occupati alle dipendenze, che sono risultati oltre 495.000, con un aumento del 6,0%, pari a quasi 28.000 unità, sia all’occupazione autonoma, che è salita del 7,0% a quasi 47.000 unità.

Sulla base dei dati del Registro delle imprese, nel primo trimestre del 2019, le attive dell’industria in senso stretto regionale, che costituiscono l’effettiva base imprenditoriale del settore, a fine marzo 2019 risultavano 44.535 (pari all’11,1% delle imprese attive della regione), con una diminuzione corrispondente a 447 imprese (-1,0%) rispetto all’anno precedente. La flessione è la meno ampia dal 2012.

A marzo 2019 il credito bancario in Emilia Romagna, secondo l’analisi della Direzione studi e ricerche di Intesa Sanpaolo, ha registrato il proseguimento della dinamica positiva dei finanziamenti alle famiglie consumatrici mentre i prestiti alle imprese si sono indeboliti ulteriormente, come conseguenza del calo dell’attività produttiva e dell’incertezza delle prospettive.

Per il sistema bancario dell’Emilia Romagna, il 2019 si è avviato con un ulteriore indebolimento dei prestiti alle imprese, risultati complessivamente stagnanti a marzo (-0,1% a/a il dato corretto per le cartolarizzazioni, meglio rispetto al -0,6% del sistema nazionale). In particolare, è proseguita la rapida frenata del trend dei prestiti all’industria la cui crescita si è fermata a marzo a +0,1% a/a, dopo una media 2018 del 4,1% (al netto delle sofferenze), restando comunque migliore rispetto all’andamento nazionale (-1,9% a/a a marzo 2019). Inoltre, dopo quasi 4 anni di incrementi senza soluzione di continuità, i finanziamenti a medio-lungo termine destinati agli investimenti in macchine, attrezzature, mezzi di trasporto, sono tornati in negativo, con una variazione del -4,0% a/a a marzo, che conferma i primi segni di indebolimento emersi a fine 2018. In Emilia Romagna, il calo è stato più marcato rispetto a quanto emerso a livello nazionale e nel NordEst (-0,8% a/a e -2,3% rispettivamente a marzo 2019).

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