Ancora un calo per le immatricolazioni auto, con il mercato italiano in giugno fermo a 171.626 unità, con una contrazione del 2,1% su giugno 2018, mentre il bilancio del primo semestre chiude a quota 1.082.197 con un calo del 3,5%.
Secondo il Centro Studi Promotor non ci sono le condizioni per una ripresa nel secondo semestre 2019, con la possibilità di una perdurante stagnazione anche in attesa degli annunciati interventi di ridefinizione della tassazione sull’auto, ad iniziare da quelle aziendali. Dall’inchiesta congiunturale mensile sul mercato dell’auto condotta dal CSP a fine giugno emerge che il 48% dei concessionari si attende domanda in calo nei prossimi mesi, mentre per il 50% le vendite si manterranno stabili sui bassi livelli attuali. Ne consegue che le immatricolazioni, che avevano toccato quota 1.910.564 nel 2018, dovrebbero attestarsi a fine anno a 1.835.000: un livello inferiore al massimo ante-crisi del 2007 di ben il 26,4%. E ciò mentre i livelli ante-crisi sono stati già da tempo raggiunti dagli altri grandi mercati europei.
Secondo Gian Primo Quagliano, presidente del Centro Studi Promotor, gli elementi che determinano l’attuale insoddisfacente situazione del mercato italiano dell’auto vanno ricercati sia nel quadro economico che in fattori negativi specifici del comparto. L’attuale situazione dell’economia sta incidendo sul clima di fiducia sia dei consumatori che delle imprese che sono entrambi in calo in giugno. Numerosi elementi gravano negativamente sulle immatricolazioni auto nuove. Preoccupa innanzitutto la situazione dell’economia che è di stagnazione con una chiara tendenza al peggioramento dato che le previsioni più accreditate indicano in calo il Pil nel secondo trimestre del 2019. E a ciò si aggiunge che le famiglie e le imprese sono preoccupate per l’incombere di una procedura di infrazione da parte dell’Unione Europea e per il fatto che non sia stato ancora scongiurato il pericolo di un aumento dell’Iva. E’ evidente che in un quadro di questo tipo un numero rilevante di potenziali acquirenti tende a rimandare la sostituzione di autovetture ormai pronte per essere dismesse con la conseguenza di ingrossare il serbatoio di domanda di sostituzione insoddisfatta accumulatasi durante la crisi.
A ciò si aggiunge che vi sono anche, come si accennava, elementi di freno della domanda specifici del comparto. Per quanto riguarda le auto aziendali utilizzate come beni strumentali è venuto meno nel 2019 il sostegno dei superammortamenti, mentre sia per le aziende che per i privati continua a pesare l’ingiustificata demonizzazione del Diesel. Le auto con questo tipo di motorizzazione sono state acquistate in passato in larga misura sia da soggetti desiderosi di contenere i costi di esercizio senza sacrifici in termini di prestazioni e facilità di impiego dell’auto. La demonizzazione del Diesel (consistente nella minaccia di crescenti limitazioni nella possibilità di utilizzare questo tipo di auto) sta inducendo molti automobilisti, non ad accelerare la sostituzione del loro Diesel (come forse qualcuno sperava), ma a rinviarne la sostituzione in attesa di trovare una soluzione alternativa altrettanto conveniente. A ciò si aggiunge che il calo delle quotazioni dei Diesel usati rende ancora più difficile la sostituzione. Basti pensare che, secondo una rilevazione del Centro Studi Promotor sui concessionari, in una scala da 1 a 10 la difficoltà di vendere un’auto diesel dal 2016 ad oggi è passata da 3,9 a 6,4. E questo nonostante i nuovi motori Diesel Euro 6 che iniziano a comparire sul mercato siano decisamente in linea con le esigenze dell’ambiente, con emissioni di NOxpraticamente nulle e con emissioni di CO2 inferiori di un buon 30% rispetto ad un analogo propulsore a benzina di pari potenza. Tant’è che uno dei primi effetti scaturiti dalla demonizzazione del Diesel è l’aumento della percentuale di anidride carbonica emessa, passata a 119,2% nel mese di giugno (+4,9%) e 119,8% nel 1° semestre (+5,9%).
Qualcosa potrebbe smuovere il mercato, specie la prevista riformulazione del bollo auto sulla base delle emissioni inquinanti della vettura inserita nel Protocollo d’intesa “Aria Pulita” firmato il 4 giugno scorso a Torino dalla Presidenza del Consiglio, da sei ministeri e dalla Conferenza delle Regioni. Non solo: «ci auguriamo, inoltre, che questo possa essere un primo passo verso una più generale revisione della fiscalità dell’auto, adottando soluzioni in linea con quelle in vigore nei maggiori Paesi europei ed intervenendo in particolare sulla riduzione delle imposte delle autoaziendali e sull’eliminazione del superbollo – sottolinea Michele Crisci, presidente dell’UNRAE, l’Associazione delle Case automobilistiche estere -. Una riforma davvero “sistemica” del regime fiscale sugli autoveicoli dovrebbe riguardare anche la RC, i carburanti, l’usato, i pedaggi, i parcheggi, e quindi determinare un nuovo assetto che premi effettivamente i veicoli più performanti sotto il duplice aspetto dell’ambiente e della sicurezza».
Intanto, la regione Emilia Romagna ha prorogato fino al 30 settembre prossimo la possibilità di chiedere il contributo per la concessione di un eco bonus per cambiare la vecchia auto inquinante con una più moderna. Sono disponibili, solo per i cittadini residenti in Regione, contributi fino a 3.000 euro per la sostituzione di un’auto vecchia, compresi i Diesel Euro 4, per l’acquisto di un’auto elettrica o comunque a basse emissioni, tra cui la Regione dovrebbe intervenire per ricomprendervi anche i Diesel Euro 6. Gia finanziate 389 richieste per una spesa di 914.000 euro
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