Nel corso di un’intervista, il candidato presidente dell’Unione Europea per l’area socialista, Frans Timmermans, ha ammesso ufficialmente che è difficile sconfiggere quel fenomeno sempre più odioso della concorrenza fiscale tra i vari stati europei, con il risultato che i grandi gruppi (anche italiani: dalla FCA alla Ferrero) e le multinazionali estere (Apple, Amazon, ecc.) prendono domicilio fiscale in Lussemburgo, Belgio e Irlanda, con ripercussioni non trascurabili sui paesi d’origine dei vari gruppi, sia per il mancato gettito fiscale sia per una sorta di concorrenza sleale che si viene a creare per le aziende più piccole che non hanno la capacità dei grandi gruppi di trasferirsi nei paradisi fiscali.
A questa situazione indegna di un’autentica Unione Europea basata su parità di trattamento e di diritti civili e fiscali, il deputato bellunese di Forza Italia, Dario Bond, propone una soluzione che potrebbe essere una sorta di uovo di Colombo e che potrebbe diventare uno dei temi portanti della campagna elettorale in corso per il rinnovo del Parlamento Europeo: «assegnare la competenza fiscale sui grandi gruppi e sulle multinazionali direttamente all’Unione Europea che ne sarebbe l’unica legittimata ad incassarne il gettito fiscale basato su un’aliquota unica del 15-20%. In questo modo, i grandi gruppi nazionali e le multinazionali non avrebbero più i vantaggi di oggi nello spostare la loro sede legale nei paesi fiscalmente piùconvenienti dell’Unione, dando a queste realtà anche un trattamento fiscale e civilistico unitario (cosa che oggi non accade grazie ai vari episodi di “tax ruling” con cui le realtà più grandi riescono a trattare e ad ottenere un trattamento personalizzato e di vantaggio dai vari stati), a favore della trasparenza e della competitività di tutto il sistema».
Una proposta originale e politicamente interessante, oltre che costruttiva volta a sconfiggere la concorrenza fiscale tra i vari Stati. «In più – prosegue Bond – si metterebbe fine anche all’indegna realtà per cui i grandi gruppi e le multinazionali finiscono per pagare quattro soldi di tasse su utili giganteschi, cosa che è di fatto impedita alle aziende di minori dimensioni (e di minore capacità contrattuale), sottoponendoli ad un prelievo in linea con quello gravante sulle altre aziende che andrebbe ad alimentare i servizi resi dall’Unione Europea, generando anche quelle ulteriori risorse necessarie per finanziare piani di sviluppo europei, nella ricerca, nelle infrastrutture, nella tuteladell’ambiente».
Bond pensa anche ad un rimedio per evitare che i grandi gruppi e multinazionali, fiutata l’aria, possano fuggire nuovamente dai loro doveri di adempimento a minimi e decenti obblighi fiscali: «un siffatto provvedimento deve essere accompagnato dal divietodella commercializzazione di beni e/o servizi all’interno del territorio comunitario se l’azienda non ha sede legale e fiscale in uno degli stati dell’Unione Europea».
L’epoca di fare utili stratosferici prodotti pagando poco dazio fiscale (esercizio che piacerebbe a tutti e non a solo pochi, attuale eletti) potrebbe essere un ricordo se solo i nuovi parlamentari europei e i governi dell’Unione avranno la reale capacità di passare dalle parole ai fatti, dando a tutte le imprese attive in Europa le medesime condizioni operative, ad iniziare da quelle fiscali, cosache fino ad oggi non è stato.
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