L’industria alimentare italiana rappresenta oltre 56.000 imprese per un fatturato che supera i 140 miliardi di euro, di cui quasi 35 derivanti dalle esportazioni (che potrebbero crescere anche oltre quota 50), con un andamento in continuo aumento che nel 2018 ha segnato un +2,8% rispetto al 2017 e un +25,2% rispetto al 2013.
Il settore alimentare rappresenta ormai il secondo settore manifatturiero in Italia. Questo scenario è emerso nel Rapportosull’Industria alimentare in Italia, stilato dalla Luiss Business School e presentato a Roma in occasione del primo convegno di Federalimentare “Industria alimentare: cuore del Made in Italy” concluso con gli interventi del presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, e del ministro dell’Agricoltura, Gian Marco Centinaio.
Dallo studio è emerso anche la significativa performance della “Dop economy” che, con 200.000 imprese, detiene quasi un terzodelle Indicazioni Geografiche (822 denominazioni DOP, IGP e STG su 3.000 circa nel mondo) per un valore di 15 miliardi alla produzione e di 8,8 miliardi all’export, pari al 18% del valore complessivo del settore e al 20% del totale delle esportazioni. «Sono dati – ha detto il presidente di Federalimentare, Ivano Vacondio – che mostrano un miracolo tutto italiano: quello del saper fare delle nostre aziende, dai top player alle PMI, che trasformano le materie prime italiane e straniere in un prodotto lavorato e richiesto in tutto il mondo».
Il “Made in Italy” è riconosciuto ovunque come un vero e proprio marchio, sinonimo di qualità grazie a un insieme di fattori tra cui il più importante è il prodotto, risultato della trasformazione di ingredienti semplici ma di elevato livello, integrati attraverso un processo produttivo e un know how unico al mondo. Ma non mancano le criticità. Una fra tutte è la frammentarietà delle imprese, in maggioranza (98%) piccole e micro e solo l’1% della totalità con più di 250 dipendenti, che avrebbero necessità di presentarsi sui mercati esteri come un sistema produttivo compatto e portatore di valori unitari, anziché come un agglomerato di brand differenti.
Secondo Vacondio, «dobbiamo costruire chance per raggiungere quei mercati che oggi non possediamo o rafforzare quelli in cui siamo entrati. In entrambi i casi non possiamo essere lasciati soli dalla politica. L’interazione tra il sistema delle imprese e le istituzioni è fondamentale e l’incontro di oggi è un auspicio in questo senso, a nome di tutta l’industria alimentare, a fronte di uno scenario politico ed economico difficile, tra dazi Usa e Brexit, che rischia di minare le esportazioni. Alla politica chiediamo di mettere in atto azioni volte a valorizzare i nostri prodotti e di contrastare chi squalifica l’industria. Con una situazione interna più stabile e un aiuto sull’estero, l’industria alimentare diventerà un protagonista finalmente in grado di guadagnarsi il ruolo di leader internazionale della qualità».
Vincenzo Boccia, presidente Confindustria, ha ricordato con forza che «l’industria alimentare italiana è un fiore all’occhiellodell’intero apparato produttivo nazionale, il secondo settore manifatturiero dopo quello dei macchinari con una proiezione sui mercati internazionali che continua a crescere nonostante le difficoltà congiunturali che stiamo vivendo. Gli “stati generali” convocati dal presidente di Federalimentare Ivano Vacondio saranno l’occasione per dare ulteriore slancio a questo vero e proprio campione del “Made in Italy”».
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