Le prospettive che si aprono a seguito dell’accordo stipulato tra Italia e Cina sulla Via della Seta per la valorizzazione della collaborazione internazionale sono stati al centro del forum “Le nuove Vie della Seta. Cina: minaccia o opportunità?» che si è svolto a Udinenell’ambito del “Far East Film Festival”, promosso dal Festival in collaborazione con la Camera di Commercio di Pordenone–Udine e Confindustria Udine.
«Con il primo accordo di carattere commerciale tra l’Autorità di Sistema Portuale di Trieste e Monfalcone e una compagnia cinese, siamo stati in grado come regione di sfruttare l’opportunità della Via della Seta ottenendo le opportune garanzie – ha affermato il governatore della regione Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga -. Ritengo che le preoccupazioni iniziali siano state legittime, ma sono state anche superate da paletti ben chiari visto che l’accordo prevede che si debba operare all’interno della normativa italiana ed europea. L’accordo prevede che ci sia un investimento infrastrutturale da parte della compagnia cinese, ma prevede soprattutto nuove opportunità di export dei prodotti del Friuli Venezia Giulia in Cina, e specie l’agroalimentare può avere un mercato importante in un mondo in cui il ceto medio si sta espandendo».
Secondo Fedriga, la Regione e l’Italia sono fortunati «perché le nostre autorità di sistema sono totalmente pubbliche, quindi abbiamo la tutela importante che non mettiamo in vendita i beni del nostro Paese». Il governatore ha poi sottolineato la necessità di avere un rapporto biunivoco: «il Friuli Venezia Giulia deve diventare terra di export, non solo di import e dobbiamo avere la realistica consapevolezza che le merci cinesi, se non passassero in Regione, semplicemente arriverebbero in Italia e in Europa attraverso altri porti e poli logistici. Avere noi in mano il pallino della logistica ci permette di fare controlli e avere le garanzie necessarie affinché il prodotto “Made in Fvg” sia tutelato».
Dopo l’aspetto logistico della Via della Seta, la fase successiva, secondo Fedriga, «è far incontrare le nostre capacità produttive con le esigenze cinesi, per essere incisivi e creare nuove opportunità di sviluppo. In questo senso l’interesse in Cina è altissimo, ma bisogna saperlo gestire bene. Sono in corso contatti con alcuni soggetti che gestiscono più di 1.000 centri commerciali».
«Le esportazioni italiane verso la Cina nel 2018 sono cresciute solo del 3%, contro un 20% di quelle verso gli Stati Uniti – ha affermato il sottosegretario allo Sviluppo economico, Michele Geraci – c’è ancora molto da fare e serve la collaborazione delle imprese, siamo indietro nei numeri e nei tassi di crescita, quindi dobbiamo spingere».
Un ritardo confermato anche dal presidente della Cciaa di Pordenone-Udine, Giovanni Da Pozzo, che ha ricordato che «l’export del Friuli Venezia Giulia verso gli Stati Uniti è pari a 2,2 miliardi di euro, mentre quello verso la Cina ammonta a 357 milioni (a fronte di 575 milioni di import)».
Se il presidente dell’Unione industriali di Pordenone, Michelangelo Agrusti, ha sollevato perplessità sull’opportunità di avere rapporti di scambi economici e investimenti con «un Paese dove l’efficienza è garantita da un regime di fatto dittatoriale», il presidente di Confindustria Udine, Anna Mareschi Danieli, ha sollecitato il governo «a sostenere le imprese in modo che possano fare davvero sistema e aggredire quel mercato, senza trascurarne altri su cui siamo consolidati».
Geraci ha suggerito infine di «creare un pacchetto regionale o del NordEst per un’offerta integrata e combinata e poi il QR code per il vino, così come si dovrebbe fare in ogni regione d’Italia, collegato a un video che promuove il territorio nel suo complesso».
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