Decolla l’alleanza franco tedesca delle batterie per l’auto elettrica

L’interno è replicare quanto già fatto nel settore aereo con il consorzio europeo Airbus. Italia interessata ad ospitare un sito produttivo. Primi investimenti per 6 miliardi di euro, 1,2 miliardi dall’UE. 

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batteria per l'auto elettrica

A 18 mesi dai primi colloqui, decolla ufficialmente l’alleanza franco tedesca per la produzione di batterie per l’auto elettrica nel tentativo di incrinare il sostanziale monopolio di fatto da parte delle aziende cinesi e, più limitatamente, giapponesi e coreanenel settore, con l’intento di replicare quanto fatto nel settore aereo con la nascita del consorzio Airbus che è riuscito a crescere finendo con lo sfidare ad armi eguali il colosso americano Boeing.

«È un passo importante nella lunga storia della nostra industria europea che dimostra che l’Europa non è destinata a dipendere dalle importazioni tecnologiche dalle due potenze che sono Stati Uniti e Cina», ha dichiarato il ministro francese, Bruno Le Maire, durante la presentazione con il suo omologo tedesco, Peter Altmaier, e con Maros Sefcovic, vicepresidente della Commissioneeuropea con delega all’energia.

«Il tempo stringe se vogliamo che la nostra produzione europea vada a regime entro quattro o cinque anni», ha aggiunto Sefcovicsottolineando come la Ue sia pronta ad autorizzare la concessione di 1,2 miliardi di euro di sussidi pubblici per sostenere il progetto. Il decollo ufficiale dovrebbe arrivare per il prossimo mese di ottobre. Ulteriori quattro miliardi di euro dovrebbero essere messi a disposizione da 35 aziende dei settori automobilistico ed energetico che hanno già manifestato il proprio interesse a partecipare all’iniziativa.

Il progetto, partito ufficialmente alla fine di febbraio, prevede l’inaugurazione nei prossimi mesi di una fabbrica pilota con circa 200 dipendenti, con l’obiettivo di aprire due siti produttivi, in Francia e in Germania, entro il 2023 con una forza lavoro di 3.000 persone. Un progetto che, secondo Le Maire, sia aperto al contributo degli altri Paesi della Comunità Europea, tant’è che sono state già avanzate manifestazioni di interesse da parte di Italia, Belgio, Polonia, Austria e Finlandia.

Altmaier ha indicato un obiettivo ben preciso per l’Unione Europea: «coprire entro il 2030 il 30% della domanda globale con diversi siti di produzione di batterie in Germania e altri Paesi Ue». Obiettivo decisamente ambizioso che dovrebbe portare la produzione comunitaria dall’attuale 1% di celle a ioni di litio al livello indicato in circa 10 anni, passando da una soglia del 15% circa già entro i prossimi cinque anni, quando il 60% della produzione è apannaggio della Cina, seguita a grande distanza con il 17% del Giappone e della Corea del Sud con il 15%.

Il modello che si sta prefigurando è quello della Gigafactory realizzata da Tesla in Nevada. In ambito europeo, il progetto più avanzato è attualmente realizzato dalla svedese Notrhvolt che, co un investimento di 1,5 miliardi di euro, il prossimo anno avrà in produzione la prima parte di un impianto destinato a crescere fino ad una produzione di 32 GWh nel 2023 anche per soddisfare la richiesta di Volkswagen di batterie per il suo progetto di auto elettrica. Volkswagen interessata anche ad avviare una filiera produttiva destinata al riciclaggio e recupero degli accumulatori esausti e ai materiali con cui sono realizzati.

Gli impianti europei potrebbero anche imprimere un’accelerazione tecnologica all’evoluzione delle batterie, passando dall’odierno elettrolita liquido (con problemi di facile infiammabilità ed instabilità) ad uno solido che permetterebbe anche il non trascurabile vantaggio di avere tempi di ricarica più contenuti e una capacità energetica doppia se non tripla rispetto all’attuale tecnologia, abbattendo così i costi e, soprattutto, le masse (anche fino a 700 kg) che oggi gravano sulle batterie ad elevata capacità destinate all’auto elettrica. Magari, già che ci siamo, anche con un occhio a nuovi materiali in corso di perfezionamentonei vari laboratori chimici per affrancare la produzione europea dal sostanziale monopolio di terre rare indispensabili per realizzare le odierne batterie e motori elettrici, oggi in mano alla Cina.

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