Negli ultimi tempi, la sanità in Trentino è decisamente migliorata, cancellando gran parte delle criticità che in un recente passato avevano portato ad un sensibile fenomeno di “turismo” sanitario con cittadini che si rivolgevano agli ospedali di Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna per avere prestazioni di qualità, specie nelle visite specialistiche, causando un consistente deficit nel bilancio dell’Azienda provinciale per i servizi sanitari (Apss) della provincia di Trento.
Gli investimenti fatti per potenziare i servizi più critici, come ortopedia ed oculistica, hanno dato buoni risultati, con il calo di prestazioni sanitarie fuori Provincia a favore dei residenti, tant’è che i nuovi referenti di queste specialità hanno invertito la tendenza attirando assistiti da fuori Trentino.
Tutto bene, dunque? Non del tutto. Se per le visite specialistiche prescritte dal medico di base con Rao prioritari (A, B, C) gli accessi sono nei tempi prescritti e talvolta anche ben prima del termine ultimo, viceversa per le visite non aventi carattere di urgenza le cose peggiorano parecchio.
Anche per un comparto che oggi funziona bene come oculistica, una visita non urgente di controllo per valutare il visus e la pressione del bulbo oculare (controllo periodico utile soprattutto per evitare l’insorgenza di più gravi problemi alla vista) è soggetta ad un doppio canale: se il cittadino che risiede a Trento o Rovereto (le due maggiori città del Trentino) è disponibile a sobbarcarsi un viaggio verso gli ambulatori periferici (spesso lontani anche oltre 100 km dalla propria residenza), nel giro di poche settimane può accedere alla prestazione richiesta. Se non può o non vuole sobbarcarsi i costi e il tempo di una trasferta e vuole una prestazione vicino alla propria residenza, allora i tempi si allungano a dismisura, anche oltre l’anno.
«Questo è un problema di cui siamo perfettamente a conoscenza – afferma Giuliano Mariotti, direttore dell’Unità di specialistica ambulatoriale e ideatore del sistema Rao in Trentino poi adottato in tutt’Italia – e nella prossima ridefinizione degli assetti prestazionali dovremmo riuscire a risolverlo, potenziando le prestazioni su Trento e Rovereto dove c’è la richiesta maggiore. Nostro obiettivo è anche di cercare di limitare il più possibile la mobilità sanitaria dei cittadini sul territorio, definendo degli ambiti territoriali più ridotti rispetto ad oggi che comprende tutta la Provincia».
Il problema con cui si deve confrontare la sanità trentina è la scarsità di personale sanitario dovuta sia ai pensionamenti che agli specialisti che si trasferiscono in altre realtà, pubbliche e private, con tanti bandi di assunzione della sanità pubblica che finiscono deserti. «Per limitare questi disagi, abbiamo introdotto il concetto delle prestazioni di rete, con gli specialisti degli ospedali di Trento e di Rovereto che si muovono sul territorio presso i vari ospedali di valle o i poliambulatori – dice Federica Romanelli, primario di oculistica che ha rilanciato l’unità operativa -. In realtà periferiche come il Primiero i nostri specialisti sono presenti una volta al mese. Ovvio che in realtà piccole come queste è più facile che ci siano spazi liberi che vengono offerti a tutti i cittadini che chiedono una prestazione».
La nuova giunta provinciale è conscia del problema e nella definizione degli obiettivi prestazionali fissati per l’Azienda provinciale per i servizi sanitari per il 2019 prioritario è quello della territorialità: «obiettivo condivisibile – conferma Mariotti – e d’accordo con l’assessorato alla sanità l’Apss potenzierà l’offerta sui centri di Trento e Rovereto dove la richiesta di visite specialistiche è maggiore».
Comunque, il problema è anche della corretta interpretazione da parte dei medici di famiglia di tutta l’offerta disponibile. «Nel caso della visita specialistica in oculistica, ne esistono di due tipi: la visita completa dell’occhio e quella parziale. Spesso i medici di base tendono a prescrive quella completa, che richiede il passaggio al centro unico di prenotazione da parte del cittadino, il quale si vede proporre, in caso di non urgenza, tempi molto lunghi, se non accetta di spostarsi sul territorio – conferma Mariotti -. Ma se lo stesso medico, così come il cittadino, non sa che nel caso di una visita specialistica parziale dell’occhio, che differisce da quella completa solo per aspetti marginali, cambia tutto, con tempi di accesso decisamente minori anche nel caso di non urgenza, con la possibilità per il cittadino di accedere anche senza prescrizione medica». Una situazione che andrebbe comunicata meglio sia ai medici di famiglia che agli stessi cittadini da parte dell’Apss.
Come si vede, anche se complessivamente di buon livello, per la sanità trentina ci sono spazi di miglioramento, ad iniziare dalla possibilità di far effettuare la prenotazione delle visite specialistiche direttamente dal medico di famiglia, visto che è tutto informatizzato: «alcuni medici lo fanno già specie con gli anziani, ma è un passo che si potrebbe istituzionalizzare anche nell’ambito della stipula del nuovo contratto di lavoro del medici di famiglia – concorda Mariotti – con cui si ridurrebbero gli adempimenti a carico del cittadino, mentre il medico potrebbe avere un immediato quadro della situazione e dell’offerta disponibile». Oltre ad evitare al cittadino di sobbarcarsi la telefonata al centro unico di prenotazione e ridurre anche i costi operativi, visto che si potrebbe ridurre l’attività del Cup che è un servizio esternalizzato dall’Apss, girando parte dei risparmi ai medici di famiglia.
Non solo: «come Apss stiamo sviluppando un miglioramento del programma informatico di accesso alle visite specialistiche con l’obiettivo di consentire la prenotazione della visita – prosegue Mariotti – e con la possibilità di informare il cittadino della disponibilità di posti presso il centro sanitario prescelto una volta che questi fossero liberi tramite un semplice SMS sul telefono cellulare o una richiamata da parte dell’operatore». Un sistema che aumenterebbe la soddisfazione dei cittadini che vede con favore anche il primario Romanelli: «capita che qualcuno rinunci alla prestazione – le disdette sono in media il 15% del totale – con il risultato che il posto rimane libero. Con questo sistema riusciremmo a saturare l’offerta disponibile riducendo gli sprechi».
Quanto al problema di trovare specialisti, oggi merce sempre più rara, il Trentino potrebbe istituire piccole scuole di specializzazione soprattutto per quelle specialità dove la sanità trentina offre servizi di assoluto rilievo, dall’oculisticaall’ortopedia, alla cardiologia e alla neurochirurgia. «Uno scenario del genere per me sarebbe l’ideale – conferma Romanelli -. Nel mio comparto, da quando sono arrivata in Trentino dall’ospedale di Negrar dove prima operavo, ho creato un gruppo di specialisti molto affiatato, con un reparto che riesce ad operare anche senza la presenza del primario, con cui riesco a fare anche della ricerca. Se s’istituzionalizzasse la figura della scuola di specializzazione io, e credo tanti altri miei colleghi, sarei contenta di potere formare nuovi medici e di effettuare anche attività di ricerca in campo sanitario. Senza contare il fatto che si potrebbe diventare maggiormente attrattivi sia per il personale medico che per gli stessi assistiti». Una decisione che spetta al livello politico e l’auspicio è che si abbia una sufficiente apertura e lungimiranza per perseguirlo, mettendo a disposizione le risorse economiche per la bisogna che potrebbero innescare un volano virtuoso decisamente interessante per la sanità trentina.
Intanto, le attività di ricerca della dottoressa Romanelli hanno già conseguito un risultato: a fine mese parteciperà su invito al congresso medico Arvo in Canada, dove presenterà due ricerche effettuate proprio dal suo gruppo di lavoro: una riguardante la medicina rigenerativa sull’utilizzo dell’autosiero nella sindrome oculare secca e l’altra sull’utilizzo a lungo termine della terapia cortisonica intravitreale nell’edema maculare diabetico cronico.
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