Il comparto agroalimentare italiano è un gigante dai piedi d’argilla: il settore di punta del “Made in Italy”, secondo Federalimentare, nel 2018 ha raggiunto un fatturato di 140 miliardi di euro, in crescita del 2% sui 137 miliardi del 2017, ma presenta alcune vulnerabilità rese più allarmistiche dalle incognite della Brexit e dalla minaccia di dazi a produzioni d’eccellenza europee espressa dal presidente Usa Donald Trump.
«Abbiamo timori della “Brexit” e dei dazi proposti da Trump, ma il vero timore per l’industria alimentare italiana è la guerra che ci stanno facendo contro la dieta Mediterranea» ha detto il presidente di Federalimentare, Ivano Vacondio. Il sistema dei “semafori” attuato dalle insegne distributive inglesi, secondo Vacondio, «sta facendo più danni della paventata “Brexit”. E quello che, con una buona azione di squadra, abbiamo sbattuto fuori dalla porta si sta riproponendo dalla finestra. Non vogliamo essere supplenti della politica, ma abbiamo bisogno di certezze normative – ha sottolineato Vacondio – perché gli investimenti nell’agroalimentare italiano si fanno sulle certezze. Aiutateci a creare ricchezza» chiede il presidente di Federalimentare auspicando che «un’industria, che mostra una proiezione esportatrice stabilizzata da anni oltre il 35%, possa consolidare un maggior dialogo istituzionale per realizzare le potenzialità ancora inespresse dal “food and beverage” nazionale».
Anche sull’“italian sounding”, secondo Vacondio, «è evidente la corsa nel mondo all’imitazione dei nostri prodotti. Lo fanno perché siamo innegabilmente i più bravi nell’offerta di cibo di qualità e questo ci colma di orgoglio. Come è una meraviglia vedere qui a Cibus Connect tanti imprenditori che, nonostante tutto, hanno ancora voglia di stare in una competizione così agguerrita. Ma dalla voglia di mangiare italiano, di imitare il nostro stile a tavola e l’eleganza delle nostre produzioni alimentari ci sono danni dalle imitazioni, ma anche opportunità. Ma non possiamo difenderci da soli».
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