Presentato a Trento il Rapporto Fondazione NordEst

Tra competitività ritrovata e competitività necessaria. Il NordEst motore del Paese con un Pil e una competitività al livello dei migliori in Europa.

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rapporto fondazione nordest

Le regioni del NordEst, insieme alla Lombardia, sono quelle che maggiormente hanno contribuito alla ripresa economica ed occupazionale italiana e il Rapporto Fondazione NordEst lo evidenzia in tutta la sua ampiezza. Affinché questa ritrovata competitività divenga strutturale serve un rapido adeguamento alle grandi trasformazioni in corso.

Ciò non basterà, perché la nuova competitività avrà connotati e caratteristiche diverse da quelle del passato, non dipendenti più soltanto dalla capacità della singola impresa o del singolo imprenditore, ma sarà strettamente legata al funzionamento di un ecosistema territoriale complesso, in cui risorse, talenti, formazione, infrastrutture, innovazione, creatività costituiscono un mix essenziale.

A Trento, nella sala conferenze del Dipartimento di economia e management dell’Università di Trento, la presentazione delRapporto 2018 della Fondazione NordEst Una nuova competitività”. Dopo gli indirizzi di saluto del presidente della Provincia di Trento e della presidente di tsm-Trentino School of Management, Sabina Zullo, gli interventi di Carlo Carraro, direttore scientifico della Fondazione NordEst, Alessandra Proto, responsabile del Centro OCSE Trento e di Antonio Accetturo, responsabile Ricerca rconomica di Banca d’Italia Trento. A seguire la tavola rotonda dedicata alle sfide per la crescita in Trentino Alto Adige, con il presidente di Confindustria Trento Fausto Manzana, il presidente di Assoimprenditori Alto Adige, Federico Giudiceandrea e il presidente dell’Università degli Studi di Trento, Daniele Finocchiaro con l’intervento conclusivo del rettore dell’Università degli Studi di Trento, Paolo Collini.

«Se la nostra regione ha saputo svilupparsi e crescere in questi anni – afferma il presidente di Assoimprenditori Alto Adige, Federico Giudiceandrea – il merito è soprattutto delle tante realtà imprenditoriali di successo che sono state in grado di conquistare nuovi mercati e hanno investito in capitale umano e nuove tecnologie. Una delle maggiori sfide future per le nostre imprese fortemente vocate ad internazionalizzazione e innovazione è quella di mantenere sul territorio o attirare da fuori nuovi talenti da inserire al proprio interno: diventerà sempre più decisivo fare rete con le università e gli altri centri di ricerca del territorio valorizzando ulteriormente e facendo conoscere meglio le nostre eccellenze».

«Per rimanere competitivi a fronte di questi cambiamenti serve innovare – spiega il presidente di Confindustria Trento, Fausto Manzana – attraverso nuove imprese o la trasformazione di quelle esistenti. Per innovare serve una forza lavoro più preparata, con le necessarie competenze professionali, manageriali e tecniche. Per questo servono grandi investimenti, da destinare alla formazione, al training e al re-training. C’è poi la questione tecnologica: in Italia più di un terzo delle aziende con più di 50 addetti ha adottato, o prevede di adottare, almeno una nuova tecnologia. Il 20% prevede di adottarne almeno tre. Gli incentivi nazionali negli ultimi anni hanno prodotto risultati positivi, ma è necessario accelerare in questa direzione».

Carlo Carraro è entrato nei dettagli del Rapporto Fondazione NordEst, soffermandosi in particolare sulla realtà del Trentino Alto Adige in rapporto con il NordEst e con l’Europa. La lettura dei dati a consuntivo per quanto riguarda il complesso delle regioni nordestine mostra come quest’area del Paese, insieme alla Lombardia, sia quella che maggiormente ha contribuito alla ripresa economica ed occupazionale italiana, evidenziando una ritrovata competitività.

Pur colpite dalla crisi, le regioni del NordEst sono state in grado di riprendersi più rapidamente di altre aree: il PIL pro-capite, pari a33.900 euro, è prossimo a quello della Germania e della Svezia e ampiamente superiore alla media italiana. I tassi di occupazione delle regioni sono superiori a quelli del 2008 e compresi tra il 65,7% del Friuli Venezia Giulia e il 72,9% dell’Alto Adige.rapporto fondazione nordest

A trainare questa ripresa e capacità di ritornare ai valori pre-crisi, hanno contribuito principalmente le esportazioni, cresciute anchenel 2018 del 4,3%, rispetto al 3,4% del NordOvest e al 3,1% dell’Italia. L’importanza dell’export per la crescita delle regioni del NordEst è confermata dalla quota di valore aggiunto stimolata dalla domanda internazionale che è pari al 19,1% in Veneto, al14,9% in Friuli Venezia Giulia e al 13,1% in Trentino Alto Adige. Il principale mercato di destinazione del NordEst rimane il mercato unico europeo con il 60,6% del totale delle esportazioni, dove i partner principali si confermano Germania e Francia.

Proprio la centralità del commercio internazionale costringe a osservare con attenzione la possibile escalation della guerra commerciale che potrebbe portare a una perdita complessiva a livello globale di 634 miliardi di dollari. Anche le tensioni a livello europeo potrebbero avere costi molto elevati per le regioni del NordEst.

La competitività ritrovata a NordEst, sintetizzata nei dati appena richiamati, ha mostrato alcune differenze a carattere regionale. Il Trentino Alto Adige ha evidenziato una migliore capacità di ripresa sia in termini di Pil che di occupazione. Importante per questo risultato il contributo degli investimenti, soprattutto in istruzione e formazione.

Istruzione e formazione rappresentano uno degli elementi fondamentali alla base della competitività necessaria, ovvero di quell’insieme di fattori indispensabili per affrontare le sfide del futuro, su cui c’è ancora molta strada da fare.

Centrale è in questo la qualità del capitale umano e l’attrattività del territorio rispetto alle competenze. Sul primo fronte, la quota dei laureati nella classe 30-34 anni rimane ancora inferiore a quella della media europea. In Veneto la quota si ferma al 27,6% e inFriuli Venezia Giulia al 28,7%. In Trentino Alto Adige, viceversa, gli investimenti realizzati a sostegno della formazione hanno contribuito a portare la quota di laureati nella classe 30-34 anni vicina alla media europea (33,6%).

Sul fronte dell’attrattività del territorio, i dati evidenziano come il NordEst risulti meno attrattivo rispetto a Lombardia ed Emilia Romagna. Il Veneto, ad esempio, registra un saldo pari a -4,6 per mille in termini di mobilità dei laureati: significa che in questa regione sono più i laureati che se ne vanno rispetto a quelli che restano. Il dato indica che le imprese di questo territorio sono meno attrattive per chi ha investito molto nella formazione, diversamente da Lombardia ed Emilia Romagna, in cui le imprese occupano in misura maggiore lavoratori della conoscenza, che, invece, registrano rispettivamente un saldo pari a 13,7 e a 15,3.

Altro elemento su cui riflettere è la capacità del sistema produttivo di comprendere e sviluppare adeguatamente le opportunitàdella trasformazione digitale. Sul fronte delle imprese, nel NordEst una quota tra il 15 e il 19% circa ha investito o ha in programma di investire in tecnologie 4.0. Tuttavia, tra queste l’utilizzo integrato nei processi produttivi rimane limitato (36%). Si rende, quindi necessaria una maggiore spinta sugli investimenti nel digitale sia sul fronte delle tecnologie, che del capitale umano e della trasformazione dei processi produttivi e dell’organizzazione aziendale.

In Italia, tuttavia, si stima manchino 150.000 tra tecnici e laureati in grado di implementare e sviluppare la rivoluzione digitale nelle imprese. Su questo fronte, bisognerebbe in primis investire maggiormente in una formazione professionale qualificata incrementando gli ITS: oggi gli iscritti a percorsi terziari professionalizzanti sono appena 10.000 rispetto agli 800.000 in Germania.

Al pari della trasformazione digitale, anche le altre trasformazioni in atto – sia quella demografiche che quelle legate ai cambiamenti climatici – sono destinate ad impattare radicalmente sulla quotidianità di ciascuno ma, al tempo stesso, possono diventare occasioni di crescita e di sviluppo. Anche su questo fronte, sembra mancare ancora una strategia di sviluppo per affrontare e gestire in chiave positiva tali cambiamenti.

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