Martedì 19 marzo appuntamento (ore 20.30) alla Società Filarmonica di Trento con un’insolita ensemble musicale fomata dal quartetto olandese tutto al femminile GoYa con il clarinettista Calogero Palermo.
Dalla prestigiosa Royal Concertgebouw Orchestra di Amsterdam, Palermo è primo clarinetto dell’orchestra e figura assai nota e ammirata nell’ambiente internazionale dello strumento. Nato a Mazarino, in Sicilia, si è diplomato giovanissimo al Conservatorio di Palermo vincendo rapidamente il posto di prima parte nelle orchestre del Teatro Bellini di Catania, del Teatro dell’Opera di Roma e dell’Orchestra National de France. Dopo l’affermazione al concorso Jeunesses musicales di Bucarest si impone sulle scene artistiche internazionali a fianco di Daniele Gatti, Riccardo Muti, Daniel Harding, Yuri Temirkanov e Valery Gergiev. Numerose le incisioni e le registrazioni televisive come pure le composizioni espressamente a lui dedicate. Palermo affianca all’attività concertistica quella didattica che lo vede impegnato in corsi di alto perfezionamento e Master Classes sia in Italia che all’estero (dal Mozarteum Salzburg al CRR de Paris, Tokyo University of the Arts…).
Il GoYa Quartet Amsterdam è nato nel 2014 all’interno dell’orchestra della Royal Concertgebouw Orchestra, dove Sylvia Huang, Jane Piper, Martina Forni e Honorine Schaeffer hanno subito condiviso una grande affinità musicale e un’importante amicizia. Le quattro musiciste, provenienti da Belgio, Australia, Italia e Francia hanno presto riscontrato successo esibendosi in Belgio, Olanda, Lituania, Lettonia ed Estonia. Una bella versatilità le ha portate a creare un repertorio che spazia da Haydn a Bartók, passando per Schumann e Ravel lavorando spesso con altri colleghi della Royal Concertgebouw.
Con un doppio gesto d’affetto si apre il programma del concerto: una trascrizione riservata dal violoncellista Giovanni Sollimaall’amico clarinettista Calogero Palermo: oggetto una pagina di Eliodoro Sollima (padre di Giovanni), nel Novecento ideologico compositore “non allineato” come amava definirsi e quindi non “vecchio” e neppure “nuovo”, ma semplicemente “valido”.
Robert Schumann compose i suoi primi – e ultimi – tre quartetti per soli archi all’età di trentadue anni (1842). Nonostante si fosse ormai già realizzato in opere di ben più ampio respiro – la prima sinfonia è infatti dell’anno precedente – Schumann esitò prima di cimentarsi con il genere classico e nobile per eccellenza. I tre quartetti dell’op. 41 nascono così dallo studio attento dei suoi predecessori illustri da cui ricava l’idea fondamentale della variazione tematica quale strumento principale di coesione formale; quanto il principio della coesione fosse il fulcro della riflessione estetica di Schumann in questo, che i musicologi definiscono “l’anno della musica da camera”, lo dimostra un appunto del suo taccuino, dove l’op. 41 è considerata “un triplo quartetto in dodici movimenti”. L’influsso dei classici permea chiaramente ogni passaggio del primo quartetto: dall’inizio solenne alla maniera beethoveniana, attraverso l’Adagio che traspira affetti mozartiani, fino all’ironico stravolgimento delle forme nel Finale, stratagemma umoristico mutuato da Haydn.
La variazione tematica continua è anche alla base del quintetto brahmsiano – ma si potrebbe dire tout court di tutta l’opera dell’amburghese. Il tema principale, o motto, è difatti la base per tutto lo svilupparsi del quintetto, attraverso cui si trasfigura con modulazioni, inversioni e variazioni; a sorpresa, il tema ritorna nella sua forma originale sulle battute finali a chiudere in maniera nostalgica un cerchio, che potrebbe essere quasi metafora della vita stessa. Non bisogna infatti dimenticare che il quintetto appartiene alla fase compositiva estrema di Brahms (1892), che si era anzi già ufficialmente ritirato dall’attività compositiva qualche anno prima; fortunatamente per la storia della musica – e per noi – decise di fare un’eccezione per il grande clarinettista Richard von Mühlfeld, a cui dedicò quest’opera immortale.
Programma
E. Sollima (1926-2000)
Ansia di luce per clarinetto e archi (ricostruzione di G. Sollima)
R. Schumann (1810-1856)
Quartetto n. 1 op. 41 (Andante espressivo. Allegro – Scherzo. Presto – Adagio – Presto)
J. Brahms (1833-1897)
Quintetto op. 115 in si min. per cl e archi (Allegro – Adagio – Andantino. Presto non assai, ma con sentimento – Con moto. Un poco meno mosso)
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