Come l’Agenzia delle entrate scoraggia il rientro dei cervelli in Italia

Ennesimo tradimento degli accordi con gli italiani che vivono all’estero e che hanno avuto la colpa di credere ad una proposta fatta loro dallo Stato. Lettera aperta degli Italiani nel Mondo. Di Aldo Aledda, Responsabile Comitato scientifico 11 Ottobre Italiani nel Mondo

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rientro dei cervelli all'estero

Sarà a molti noto che, mentre noi dell’Associazione degli Italiani nel Mondo facevamo i seminari e gli convegni sul rientro dei cervelli italiani dall’estero, organi dello Stato italiano, segnatamente l’Agenzia delle entrate, si esercitavano a richiedere indietro agli scienziati che avevano utilizzato le agevolazioni per il rientro le somme già erogate col pretesto che non erano iscritti all’Aire.

La notizia è stata ripresa dalla stampa italiana e, siccome, non potrà non avere eco nelle nostre iniziative, allego gli atti amministrativi, di produzione terziaria, in cui si è impigliata la volontà politica del Paese nel favorire il rientro dei cervelli emigrati all’estero.

I cultori di scienze dell’amministrazione non potranno non notare che probabilmente ci troviamo davanti a un caso di scuola in cui un organo amministrativo procede allo svuotamento di una norma ordinaria emanata dal Parlamento. Le varie leggi che esprimono la volontà politica di far rimpatriare professionalità italiane all’estero e, più specificamente, far rientrare ricercatori e studiosi, volontà politica – ripetutamente ribadita anche all’estero negli incontri tra gli esponenti del governo e lo stesso Presidente della Repubblica con le comunità degli italiani all’estero – che si configura come cura di un interesse pubblico primario che si è arenata davanti all’iniziativa di un soggetto preposto alla cura di un altro interesse pubblico, ma che nella normativa in oggetto non può essere considerato altrettanto primario, ossia la raccolta delle risorse tramite l’imposizione fiscale.

E’ chiaro che, comparando i due interessi pubblici, l’interprete avrebbe dovuto mettere in primo piano quello primario, ossia del rientro dei cervelli in Italia, da cui verosimilmente alla lunga si attendono vantaggi anche di natura economica e trattare un adempimento di natura meramente burocratica, come l’iscrizione all’Aire, come un impedimento o un aggravio privo di ricadute sostanziali, alla stregua di un dettaglio da risolvere in altri modi o con altre certificazioni.

La circolare ministeriale che alleghiamo, per esempio, in materia di accertamenti dei requisiti di domicilio e residenza chi lavora o ha interessi all’estero, invita l’Agenzia ad attivare propri strumenti di indagine e intelligenze. In questo campo si ricorda che, oltre all’autocertificazione, esistono organi all’interno del paese e all’estero cui può essere demandato un analogo compito.

Il risultato di questa interpretazione sarà che l’interesse pubblico che si sarebbe dovuto curare con il rientro dei “cervelli” non solo non sarà acconciamente curato, ma sarà frustrato in prospettiva quando si diffonderà la consapevolezza che l’Italia non solo è un Paese in cui non può trovare spazio chi vuole ricercare, insegnare all’università o fare concorsi – per cui chi può, si salvi rimanendo all’estero –, ma che pure si mette di traverso con la sua burocrazia borbonica e una politica fiscale non all’altezza di uno Stato moderno.

Ugualmente lo strumento amministrativo cui qui si fa ricorso, dove l’acume giuridico di solito viene usato non solo per andare a vantaggio degli utenti chiarendo i passaggi più oscuri delle norme, ma anche per evitare di rimandare le decisioni alle sedi giurisdizionali, in questo caso non farà che alimentare il contenzioso giudiziario col rischio che lo Stato perda non solo le tasse ma anche ne esca aggravato da spese giudiziarie e corresponsione d’interessi.

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