Il NordEst è a rischio siccità, così come gran parte del Nord Italia, con fiumi e laghi in carenza per via della scarsa piovosità dei mesi invernali, accompagnati da uno scarso accumulo di neve.
L’allarme è stato lanciato dall’Osservatorio permanente degli utilizzi idrici che si è riunito a Trento con la partecipazione del ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare, il ministero delle Politiche agricole, il dipartimento nazionale della Protezione civile, Crea, Anbi Veneto e Friuli Venezia Giulia, regioni e province autonome competenti per territorio, sottolineando «l’opportunità di attivare in via precauzionale misure di contingentamento dei prelievi irrigui e di indicare ai gestori dei serbatoi idroelettrici la possibilità di trattenere la risorsa idrica così risparmiata».
A quanto ha rilevato l’Osservatorio, «lo stato di riempimento dei serbatoi idroelettrici attualmente rientra nella norma, ma complessivamente ha rappresentato la necessità di monitorare la situazione in quanto sono presenti elementi di scarsità della risorsa idrica in ordine ai quali ha riconosciuto la stato di “severità idrica bassa”».
L’Osservatorio ha quindi segnalato agli enti irrigui «la necessità di sensibilizzare da subito i propri utenti all’uso accorto della risorsa idrica». Per monitorare la situazione di “severità idrica” registrata si riconvocherà nella prima decade di aprile.
Anche l’Ordine nazionale dei geologi è preoccupato per la perdurante siccità. La Penisola fa i conti con le conseguenze anomale del cambiamento climatico in atto: le precipitazioni dimezzate nei mesi invernali, pochissima la neve che ricopre le montagne e l’allarme siccità nel Settentrione dovuto a un febbraio particolarmente asciutto. Basti pensare che il Po e tre grandilaghi del Nord Italia (Maggiore, Como e Iseo) hanno livelli idrometrici al di sotto della media stagionale, simili a quelli che si registrano nei mesi estivi. Due facce della stessa medaglia: da un lato l’emergenza siccità che torna a farsi sentire; dall’altro le alluvioni e le frane che lo scorso autunno hanno interessato numerose regioni italiane.
«Da anni, i geologi ribadiscono l’importanza di una logica della prevenzione per anticipare e impedire eventuali fasi emergenziali. La gestione delle risorse idriche, anche di quelle sotterranee, deve, in tempi di abbondanza, preparare le riserve per i repentini e frequenti periodi siccitosi – dichiara Arcangelo Francesco Violo, segretario nazionale e coordinatore della Commissione Risorse idriche del Consiglio Nazionale dei Geologi -. Se in alcune aree può essere ancora possibile pensare al ricorso a bacini superficiali, in molte altre è il sottosuolo che deve fungere da serbatoio, sia sostenendo i diversi fabbisogni con i sistemi acquiferi più idonei in funzione della qualità, sia potendo essere utilizzato come la più naturale delle riserve d’acqua».
Tra le soluzioni più efficaci per la gestione delle risorse idriche, per il segretario del CNG c’è quella di «disporre di metodi per trattenere le acque il più possibile all’interno del territorio, rallentandone il deflusso, mantenendo il deflusso vitale dei fiumi e dei torrenti e favorendo la ricarica delle falde con un positivo effetto di rallentamento dell’abbassamento dei livelli delle falde nei periodi siccitosi». Un’altra risposta concreta è ridurre il numero di norme, mal coordinate tra loro: «un riordino del settore che include la definizione di normative, procedure e competenze semplici e chiare comporterebbe un costo effettivo prossimo allo zero» conclude Violo.
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