Ancora una puntata sulla telenovela della Tav che rischia di costare un botto all’Italia sia in mancate opere infrastrutturali (di cui il Paese ha grandemente bisogno), che in termini di danni per il mancato avvio dei cantieri e della perdita dei contributi europei.
Nel sottoscrivere una sorta di tregua armata tra i due ascari di governo, Matteo Salvini e Luigi Di Maio escono sostanzialmentead armi pari, con il primo che può legittimamente continuare a dire che i cantieri per la Tav proseguono, mentre il secondo può dare in pasto alla sua base il fatto che gli inviti a presentare candidature che saranno emananti lunedì prossimo dalla società italofrancese Telt incaricata di realizzare il tratto tra Lione e Torino contengono una sorta di via d’uscita che permettono di bloccare l’opera anche successivamente.
Una giornata vissuta sul filo della deflagrazione conclamata della crisi politica (che continua comunque a covare sotto le braci della maggioranza pentaleghista), con il premier Giuseppe Conte che scrive una lettera a Telt, invitandola ad «astenersi da qualsiasi ulteriore attività» che possa «produrre ulteriori vincoli giuridici ed economici» per l’Italia riguardo ai bandi di gara e con il premier che via social rassicura la base grillina con un «ridiscuteremo l’opera con la Francia e con la commissione Ue, ma ovviamente non vogliamo che nel frattempo si perdano i finanziamenti europei già stanziati».
Sembrerebbe il blocco dei cantieri fortissimamente voluto da Di Maio e soci, ma così non è. A stretto giro, Telt scrive a Conte, al Primo ministro francese, Edouard Philippe e per conoscenza al ministro delle Infrastrutture, Danilo Toninelli e al ministro dei Trasporti francese, Elisabeth Borne, affermando come «abbiamo previsto che il consiglio di amministrazione fissato per l’11 marzo 2019 autorizzi la direzione a pubblicare gli “avis de marches” (inviti a presentare candidature) relativamente agli interventidei lotti francesi del tunnel di base, in modo da rispettare il termine del 31 marzo per la presentazione alla Commissione del finanziamento per l’anno 2019 (Asr 2019). A nome del Consiglio di amministrazione – prosegue il documento – consapevoli della delicatezza di tale decisione e della sua importanza politica, confermiamo quanto già proposto nelle lettere summenzionate e trasmesse ai ministri, con riferimento a: avvio della prima fase di candidatura (invito alle imprese a presentare candidature) sottoponendo la successiva fase di emissione dei capitolati per la presentazione delle offerte al preventivo avallo dei governi;inserimento nei suddetti inviti dell’esplicito riferimento alla facoltà per la Stazione appaltante in qualunque momento di non dare seguito alla procedura senza che ciò generi oneri per la Stazione appaltante stessa, né per gli Stati».
Dopo avere salvato capra e cavoli, scatta la rincorsa alle dichiarazioni di vittoria, con il M5S che batte una grancassa sfondata: secondo Di Maio «è un successo» del M5S, perché «abbiamo chiesto di non vincolare i vostri soldi a un’opera messa in discussione da un’analisi costi-benefici. I soldi delle vostre tasse non si potranno spendere prima di sei mesi e solo se il governo italiano e il governo francese insieme daranno l’ok». A tempo stesso, visto che l’iter dei bandi decolla, per Salvini «non c’è nessuno che ha vinto e che ha perso».
Intanto a Torino si è svolta l’ennesima manifestazione pro-Tav organizzata dalla cittadinanza e dagli imprenditori, con il presidente della regione Piemonte Sergio Chiamparino che afferma come «siamo alla repubblica delle banane. Il governo lascia aperto uno spiraglio non chiaro. Se i bandi partiranno è un piccolo passo avanti ma con una spada di Damocle non da poco. Se i bandi non partono senza se e senza ma, si assumano la responsabilità e il governo vada a casa». E se lunedì non ci saranno risposte, martedì Chiamparino farà partire la lettera a Salvini per dare il via alla consultazione popolare sulla Tav da svolgere assieme alle Europee.
E’ ormai evidente che la situazione si è sfilacciata al punto che il governo Conte ha esaurito la sua capacità propulsiva e sarebbe meglio che saltasse, aprendo le porte al ritorno degli italiani alle urne per eleggere una maggioranza meno rissosa ed evanescente di quella giallo verde, un aborto politico che sta infliggendo danni pesantissimi al Paese con provvedimenti strampalati come reddito di cittadinanza e quota 100 e con l’abiura alle opere pubbliche.
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