In Italia crescono i produttori di miele e propoli: sono 5.603 le imprese attive nel settore, in crescita del +5% in un anno e del 49%in dieci anni.
La provincia italiana con più imprese è Torino (251, +6% in un anno e +65% in dieci), seguono Cuneo con 218 (+2% e +66%), Catania con 222 (+8% e +59%), Trento con 151 (+2% e +29%). Sono 227 gli stranieri nel settore in Italia (4% del settore), di cui 23 in Lombardia (3%). Le donne pesano il 26% del settore in Italia con 1.472 imprese, di cui 180 in Lombardia (25%). Pesano i giovanicol 16% delle imprese nazionali (880), di cui 102 in Lombardia (14%).
Se la produzione italiana cresce, crescono anche le importazioni di miele, soprattutto da realtà come la Cina dove la qualità non sempre rispetta i severi disciplinari europei ed italiani. «Non possiamo permettere che miele prodotto con metodi artificiali o con l’aggiunta di sostanze estranee, come avviene legalmente in Cina, possa entrare liberamente in Europa, e in più senza pagare dazio. Per questo, chiediamo alla Commissione europea come intenda agire per evitare ulteriori frodi a danno dei consumatori e dei produttori europei che subiscono sui prezzi una concorrenza sleale» afferma Paolo De Castro, primo vicepresidente della Commissione agricoltura del Parlamento europeo, su sollecitazione delle associazioni di apicoltori italiane, preoccupate per il mancato rispetto degli alti standard di produzione Ue da parte del miele d’origine cinese.
«Alla base del problema sono le profonde differenze – scrive De Castro – tra gli standard di produzione: mentre nell’Ue il miele prodotto dalle api deve essere essiccato e maturato nell’alveare senza l’aggiunta di sostanze estranee, in Cina non c’è l’obbligo di rispettare il processo naturale di disidratazione operato dalle api, lasciando spazio a lavorazioni industriali che possonomodificare sostanzialmente il prodotto finale. La normativa cinese – continua De Castro – apre di fatto ad una serie di casi di contraffazione, con l’aggiunta di zuccheri o surrogati artificiali, o con modifiche in grado di rendere il nettare cinese estremamente simile al miele naturale».
De Castro è convinto che «si tratta di concorrenza sleale sul prodotto di alta qualità “Made in Italy”, proprio quando la nostra apicoltura, dopo anni di malattia e moria delle api, sta conoscendo un vero e proprio boom passando dalle 3.000 tonnellate del 2002 alle 22.000 del 2018. Questa evoluzione è però ancora fragile e va protetta dalle importazioni di miele cinese che nel 2018 in Italia hanno superato 1,9 milioni di tonnellate».
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