Pensioni: la natura dei contributi non corrisponde all’uso che se ne fa

Analisi di Fabrizio Cacciafesta dell’Istituto Bruno Leoni. È legittimo chiedersi se le generazioni future potranno e vorranno davvero onorare il “debito implicito”, visto che il sistema a capitalizzazione individuale è solo teorico, essendo ancora vigente la ripartizione tra attivi e pensionati.

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Dall’avvio della riforma Dini sul metodo contributivo per il calcolo delle pensioni, la natura dei contributi come retribuzione differita e non come imposta si può dire, per fortuna, definitivamente risolta.

«Il sistema – scrive Fabrizio Cacciafesta nel focus “Alcune contraddizioni del sistema contributivo in Italia” diffuso dall’IstitutoBruno Leoni – si presenta secondo il principio di restituire ad ognuno quello che egli ha pagato». In questa prospettiva, prosegue l’autore, «pensare a requisiti minimi di età/anzianità necessari per maturare il diritto alla pensione contributiva significa, se è consentito dirlo, non aver ben capito la logica sottostante. Le accanite discussioni al riguardo (si pensi alla mitica “quota 100”, o alle problematiche dell’APE o della “opzione donna”) possono giustificarsi se riferentesi solo alla attuale fase di transizione, in cui le pensioni liquidate sono ancora, parzialmente, retributive. Purtroppo, è invece previsto che quei requisiti durino nel tempo».

Il problema è che, nonostante l’idea base del metodo contributivo per cui a ognuno viene restituito il suo, i contributi individualivengono capitalizzati solo virtualmente e spesi a favore dei pensionati vivi al momento. «Continua dunque – conclude Cacciafesta – la situazione precedente la riforma: toccherà alle generazioni future farsi carico del “debito implicito” e rimborsare quel prestito, pagando le pensioni oggi promesse. Si parla spesso, a questo proposito, di patto intergenerazionale. Ci permettiamo di osservare che, a quanto ci risulta, per fare un patto occorre l’accordo di due parti: qui, una delle due non sembra sia stata consultata. È legittimo chiedersi se le generazioni future potranno e vorranno davvero onorare il “debito implicito”».

A questo link è consultabile lo studio di Cacciafesta.

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