L’epopea dell’emigrazione bellunese nell’Agro Pontino nel libro “Questo piatto di grano”

Il volume del ricercatore romano Giulio Alfieri presentato a Longarone a cura dell’ABM.

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emigrazione bellunese
Da sx, Adriano Zoldan, Giulio Alfieri, Gioachino Bratti, Oscar De Bona e Roberto Padrin

L’emigrazione bellunese nell’Agro Pontino, una pagina di storia a molti sconosciuta, è stata presentata nella gremita sala “Popoli d’Europa”, a Longarone, dal suo autore, il ricercatore romano Giulio Alfieri.

L’incontro, organizzato dall’Abm (Associazione Bellunesi nel Mondo) e dalla Biblioteca delle Migrazioni “Dino Buzzati”, con la collaborazione della Famiglia Emigranti ed ex Emigranti del Longaronese e del comune di Longarone, è stato introdotto dal presidente della Biblioteca, Gioachino Bratti, cui sono seguiti i saluti del sindaco Roberto Padrin e del presidente della Famiglia Emigranti, Adriano Zoldan.

L’opera e l’autore sono stati presentati dal presidente Abm, Oscar De Bona, il quale ha voluto innanzitutto salutare i discendenti di alcuni protagonisti di quell’esodo ed il sindaco di Lamon, Ornella Noventa, presenti in sala.  De Bona ha ricordato la visita che fece una decina d’anni fa in provincia di Latina, l’incontro con gli anziani protagonisti di quell’epopea, l’esistenza di un museo, Piana delle Orme, che nel dettaglio ricorda quanto avvenuto.

Quali erano le intenzioni del duce Benito Mussolini, che in quel periodo storico governava il Paese? L’intento era quello di ruralizzare l’Italia, di rendere abitabile e coltivabile una zona in quel momento malsana e inospitale, dando lavoro a famiglie, in particolare agli ex combattenti della Grande Guerra. L’ONC, l’Opera nazionale combattenti, incaricata di organizzare prima la bonifica, quindi la colonizzazione e l’assegnazione dei poderi, aveva uno schema ben preciso da seguire, che prevedeva nei minimi dettagli i lunghi trasferimenti in treno, di famiglie numerose, possibilmente con braccia che potessero subito lavorare la terra, bonificata per loro, in cambio della metà del raccolto.

Tuttavia, dalla ricerca minuziosa, effettuata da Alfieri all’Archivio Centrale dello Stato, negli Archivi di Stato e negli archivi storici comunali non tutto è andato come avrebbe dovuto. Partiti poverissimi dai loro paesi, in special modo dal Veneto e dal Friuli, già mezzadri nei luoghi natii, speravano di trovare una vita migliore nell’Agro Pontino, ma solo per la metà di essi le speranze furono esaudite. Molti dovettero rientrare, per malattia o disperazione, perché la terra loro assegnata non dava i frutti sperati. Tra essi anche famiglie bellunesi, alle quali l’autore Alfieri, grazie alla sua minuziosa ricerca, riesce a dare un nome e un cognome, ed il luogo di provenienza.

Nel periodo preso in esame, 1932-1943, furono 38 i capifamiglia censiti, provenienti dai comuni di Castellavazzo, Longarone, Lamon, Feltre, Ponte nelle Alpi, Santa Giustina, Quero Vas, con il maggior numero da Mel, Sedico e Seren del Grappa. Ed è proprio in ricordo di questi protagonisti, che Alfieri è venuto a Belluno, a presentare il suo libro, per non dimenticare i nomi e i volti di persone che inseguirono il sogno di dare benessere alle loro famiglie, ma non sempre vi riuscirono.

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