Auto aziendali: il governo rinunci a chiedere un’ulteriore deroga fiscale all’Ue

Quagliano: «indispensabile ripristinare la parità di trattamento fiscale dei veicoli aziendali a quello degli altri grandi paesi comunitari. La completa detraibilità fiscale comporterebbe maggiori vendite per circa 100.000 veicoli nuovi in più all’anno e un maggiore fatturato di circa 2 miliardi di euro». 

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Se entro il 1 aprile il Governo chiederà all’Unione Europea il rinnovo – così come è puntualmente accaduto negli ultimi vent’anni – della deroga all’integrale detraibilità dell’Iva sulle autovetture acquistate dalle aziende e dagli altri titolari di partita Iva, le auto aziendali in Italia continueranno a costare molto di più che nel resto d’Europa, con tutto quello che ne consegue per la competitività delle aziende nei confronti degli altri paesi comunitari, con tutto quel che ne consegue in termini di minore competitività e di maggiori costi sostenuti.

Da uno studio del Centro Studi Promotor emerge che una vettura del costo senza Iva di 30.000 euro costa effettivamente 30.000 euro in Germania, Francia, Spagna, Regno Unito e nella quasi totalità dei paesi della UE, ma costa invece 33.960 euro in Italia per il fatto che soltanto il 40% dell’Iva è detraibile. La penalizzazione delle aziende italiane non si ferma qui. Anche per la deducibilità degli ammortamenti delle auto aziendali vi sono in Italia pesanti limitazioni, visto che la quota ammortizzabile è di solo 3.615 euro. In Germania, Spagna e nella maggioranza degli altri paesi della UE è invece ammortizzabile l’intero costo sostenuto. Ne consegue che, per l’auto considerata, in Italia il costo al netto della detrazione dell’Iva e della deduzione degli ammortamenti è di 30.345 euro, mentre in Germania, Spagna e nella maggior parte degli altri paesi europei è zero.

Per effetto di questa situazione, secondo l’Unrae, l’incidenza delle immatricolazioni di auto aziendali sul totale delle vendite di auto nel 2018 è stata del 43,1% in Italia contro il 63,6% della Germania, il 55,5% del Regno Unito, il 50,1% della Francia e il 47,5% della Spagna. «I numeri – ha dichiarato Gian Primo Quagliano, presidente del Centro Studi Promotor – sono particolarmente eloquenti e dicono che per ridare competitività alle nostre imprese un problema da affrontare è anche quello dell’eccessiva pressione fiscale sull’auto aziendale. Il Governo potrebbe dare un primo segnale importante agli operatori economici italiani rinunciando a chiedere all’Unione Europea un’ulteriore deroga al regime di detraibilità integrale dell’Iva sulle autovetture previsto dalle regole europee».

Già, si parla sempre della necessità di essere in regola con le normative europee, ma nel campo automobilistico l’Italia brilla per non adeguarvisi, richiedendo sempre un trattamento in deroga, che finisce per il penalizzare pesantemente la competitività del sistema Italia.

Secondo Quagliano «se la detraibilità dei veicoli immatricolati da aziende e titolari di partita Iva fosse al 100% dell’Iva e del prezzo d’acquisto, il mercato italiano dell’auto aziendale potrebbe sicuramente equiparare quello spagnolo e probabilmente raggiungere quello francese. Prendendo a riferimento quello spagnolo, questo significherebbe vendere ogni anno da 90 a 100.000 veicoli in più, consentendo alla filiera dell’automotive di fatturare circa 2 miliardi di euro in più». Cifre non trascurabili, oltretutto ottenute in modo sistematico senza il bisogno di alcun incentivo temporaneo, che consentirebbe la crescita strutturale del comparto, così come l’occupazione e il gettito fiscale.

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