Non più solo picchi in estate, ora le vendite di birra crescono anche nei mesi freddi: +6% negli ultimi tre mesi del 2018 rispetto all’anno precedente. A fotografare l’evoluzione dei consumi e la crescita di una cultura birraria nel Paese è l’ultima edizione di AssoBirra Monitor, il rapporto quadrimestrale sull’andamento delle vendite nel Paese delle imprese aderenti ad AssoBirra, l’associazione che raccoglie circa 40 associati tra grandi, medi e piccoli birrifici insieme con le 2 malterie, rappresentativa di più del 90% della produzione nazionale e del 71% di birra immessa al consumo in Italia.
L’incremento registrato in questi tre mesi è significativo se si tiene conto dell’eccezionalità dei periodi freddi, considerati “fuori stagione” per il consumo di birra. In particolare ottobre registra il dato più alto del trimestre con +9% sul 2017 e 935.212 ettolitri di birra venduti, seguito da novembre con una crescita del 4%. Chiude dicembre con +6% sui risultati mensili del 2017.
«I dati sulle vendite dell’ultimo trimestre del 2018 – afferma Michele Cason, presidente di AssoBirra -, sono sicuramente la testimonianza che è in atto una vera e propria destagionalizzazione della birra dovuta a diversi fattori. Innanzitutto l’apprezzamento degli italiani per l’accresciuta varietà dell’offerta a cui si aggiunge un cambiamento delle modalità di consumo e un crescente desiderio di conoscenza dell’universo birrario. Oggi il 43% degli italiani mostra una propensione alla sperimentazione di birre nuove, non conosciute, con livelli di consumo che toccano quota 61% nei locali (ristoranti, pizzerie, pub, bar) durante i pasti e del 64% a casa propria durante la cena, con impatti economici positivi sul canale Ho.Re.Ca, sulla gdo e sulla distribuzione tradizionale. Si va nella direzione – conclude Cason – di un consumo che si allarga ad altri luoghi, contesti, situazioni e di una maggiore consapevolezza delle caratteristiche della birra, dei suoi processi produttivi e del legame col territorio».
Intanto, continua la crescita dei birrifici, specie quelle artigianali. Secondo la ricerca “Gli italiani e la birra” commissionata da Assobirraad Astraricerca, nella sola Emilia Romagna ci sono stati 15 nuove aperture negli ultimi 5 anni (+88%), incalzata da Liguria, Toscana, Marche e Umbria, con +41%. L’andamento del comparto sta generando impatti economici positivi sia per il settore Ho.Re.Ca, sia per quello della distribuzione organizzata. «Nell’area territoriale che aggrega Emilia Romagna, Liguria, Toscana, Marche, Umbria, i consumi di birra dichiarati dagli intervistati – spiega Cason – toccano quota 78%, con punte dell’86% relativamente al consumo in casa. Su 10 birre comprate, il 40% degli abitanti del Centro Alto dichiara di consumarle circa la metà in locali, bar e ristoranti. La birra – sottolinea Cason – è entrata sempre di più nelle abitudini di consumo degli italiani. Risultati che vanno oltre il contributo economico e che sono lo specchio di un comparto poliedrico portatore di valori distintivi, grazie alla compagine della sua filiera, a cominciare dalla qualità delle materie prime e di una filiera tra le più innovative che ha saputo modernizzarsi prima di altre, rappresentando il fiore all’occhiello nel sistema agro-alimentare del Paese».
Quanto alle linee di prodotto, se all’estero domina l’esagerazione a tutti i costi – dalle birre con marshmallows a quelle fluorescenti o glitterate – le tendenze di consumo confermano che in Italia resta il primato delle American Pale Ale (APA) e delle India Pale Ale (IPA) in tutte le loro declinazioni. Che siano d’ispirazione anglosassone o americana, leggere come le Session IPA o dalla gradazione alcolica importante e con l’aggiunta di aromi intensi come le Imperial IPA, chiare e fruttate come le White IPA, o scure con sentori di caffè e pane tostato come le Black IPA, le birre luppolate sono ancora la passione di produttori e consumatori. Vera rivelazione di quest’anno, sono le Brut Ipa: sono birre caratterizzate da una particolare secchezza che è valsa loro il soprannome di “birre-champagne”. Restano protagoniste, inoltre, le birre con ingredienti a “km 0” – cereali, miele, castagne e tanta frutta del territorio di appartenenza dei birrifici – e quelle “invecchiate” nelle botti in legno (Barley Wine). Spazio anche al primo stile autoctono italiano, le IGA (Italian Grape Ale), che prevedono l’aggiunta di vino, mosto o uva nel processo di lavorazione. Suddivise in red e white Grape Ale, a seconda dell’uva utilizzata, sono ormai un must del panorama birrario tricolore sempre più apprezzato (e imitato) anche all’estero.
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