Produrre, conservare e distribuire energia solare in quantità sufficienti per risolvere nel tempo i problemi mondiali di approvvigionamento: di questo si propone di dare una soluzione il progetto “Solo Sole” lanciato dal Dipartimento di Fisicadell’Università di Trento che punta dritto al cuore dei tanti problemi economici, sociali e ambientali che affliggono il pianeta Terra. E propone di risolverli con l’aiuto di un unico grande motore di cambiamento: l’energia. Non quella prodotta dai tradizionali combustibili, ma quella che viene dal Sole e che, con l’aiuto di tanta scienza e tecnologia e copiando un po’ dalla natura un giorno si potrebbe utilizzare per alimentare qualsiasi attività umana.
Cosa succederebbe se si fosse in grado di produrre ogni oggetto di consumo usando solo energia solare? Se ce ne fosse così tanta disponibile da non doversi più preoccupare di illuminare le città, far funzionare le fabbriche, garantire i trasporti e l’accesso al cibo e all’acqua alla popolazione mondiale? Una disponibilità illimitata di energia in ogni parte del pianeta potrebbe forse porre fine a conflitti e tensioni geopolitiche e contribuire a risolvere i grandi problemi globali: fame, disparità economiche, inquinamento, sostenibilità.
Il Sole produce ogni giorno 10.000 volte l’energia che serve sulla Terra per vivere, produrre e consumare, muoversi, riscaldare, comunicare. Come fonte di energia, la Stella è altamente democratica: è disponibile a tutti senza bisogno di essere distribuita. Ma è intermittente, quindi il suo utilizzo è limitato. Si sa come catturarla, ma è difficile da immagazzinare per garantire continuità di notte o quando cresce la domanda di energia. Trasformare l’energia prodotta dal Sole in idrogeno tramite elettrolisi dell’acqua è una possibilità a cui si sta lavorando da tempo. Ma i problemi non mancano: l’idrogeno richiede grandi volumi, è complicato da stoccare e da trattare e va prodotto e usato localmente perché è problematico da distribuire in rete. E abbassa l’efficienza del ciclo completo di trasformazione.
Una soluzione innovativa potrebbe arrivare dall’osservazione della natura ed è quello che hanno fatto nei laboratori di ricerca del Dipartimento di fisica trentino. Durante un temporale, il fulmine attraversa l’atmosfera e con la forza della sua scarica elettrica dissocial’ossigeno e lo trasforma in ozono. Allo stesso modo, si può usare l’energia elettrica rinnovabile per produrre una scarica nell’anidridecarbonica (CO2) miscelata ad altri gas. Questa scarica dissocia la CO2 e produce composti chimici e combustibili: gli stessi generatida fonti fossili. A differenza di questi, però, quelli prodotti riciclando CO2 consentono di chiudere il ciclo del carbonio azzerando le nuove emissioni. Inoltre sono pronti per essere immagazzinati e distribuiti in modo efficiente e in grandi quantità utilizzando strutturegià esistenti. Questa idea, copiata dalla natura, permette di aggirare la produzione d’idrogeno coem vettore intermedio e convertire direttamente l’energia del sole (o di altre fonti rinnovabili come vento e acqua) in idrocarburi. Quindi, in energia pronta per essere utilizzata quando necessario. Un’elettrificazione dell’economia che cambierebbe la faccia del pianeta Terra e che consentirebbe di rendere ecologici (o di abbatterne grandemente le emissioni) anche gran parte dei veicoli di vecchia concezione ancora in circolazione sulle strade del mondo.
La comunità scientifica sta guardando con interesse a questa nuova rivoluzione verde per i vantaggi che porterebbe. Niente più problemi d’immagazzinamento dell’energia; riciclo continuo della CO2 con riduzione dell’inquinamento; sviluppo e crescitacompatibili e rispettosi dell’equilibrio ambientale e socio-economico del Pianeta. L’alto costo e l’inerzia nei confronti dei processi di riconversione, uniti all’abitudine consolidata all’utilizzo delle solite reti di approvvigionamento e agli equilibri di potere politici ed economici, hanno per il momento reso poco appetibile un cambiamento globale di mentalità. Ma il miglioramento tecnologico potrebbe invertire questa tendenza, mostrando come i vantaggi, anche in termini economici, siano maggiori rispetto all’investimento in combustibili fossili.
Il primo passo per rendere economicamente più conveniente questo approccio è lavorare sul processo di dissociazione della CO2 per renderlo ancora più efficiente. «Finora osservare il fenomeno di dissociazione durante l’esperimento in laboratorio è stato come guardare in una scatola nera. Impossibile misurare quanta CO2 sia stata dissociata nella scarica – spiega Paolo Tosi, responsabile del Laboratoriodi Fisica atomica e molecolare dell’Università di Trento -. Ma grazie a una tecnica innovativa di spettroscopia laser di nostra invenzione le cose sono cambiate. Questa tecnica diagnostica si basa sull’uso di uno stato quantistico come sensore. Proprio come un “agente sotto copertura”, la molecola “sensore” è sensibile all’ambiente circostante, ne capta tutte le informazioni utili. Osservando questa molecola, otteniamo informazioni indirette sul fenomeno di dissociazione che sta avvenendo all’interno. Lo possiamo misurare. È come se dell’evento girassimo un video a fotogrammi super ravvicinati, con altissima definizione».
Non è tutto. Il progetto di ricerca condotto dal gruppo di Paolo Tosi ha raggiunto un altro importante risultato: «siamo riusciti a lavorare sulla durata delle scariche elettriche, raggiungendo impulsi di durata molto breve, circa 10 miliardesimi di secondo. Sono scariche brevi, molto più efficienti perché potenti. Questo dimostra che la tecnologia funziona. È possibile e potrà essere presto molto conveniente trasformare l’energia del Sole in idrocarburi attraverso la dissociazione della CO2. Ora dobbiamo lavorare per ingegnerizzarequesto processo affinché possa essere realizzabile anche fuori dai laboratori. Là dove serve, dove splende il Sole».
La scommessa è dunque di portare questa tecnologia su scala industriale per metterla a servizio del sistema economico e produttivo. La strada è ancora lunga e per testare queste tecnologie e renderle disponibili al mercato c’è ancora molto da fare. Servono risorse per acquistare attrezzature e investire nelle carriere di giovani ricercatori. Per questo l’Università di Trento ha deciso di devolvere tutti i proventi dalla raccolta del 5 per mille 2019 al progetto “Solo Sole” del Laboratorio di Fisica atomica e molecolare.
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