Dopo le ipotesi, ora giunge la certezza grazie alla pubblicazione del dato elaborato dall’Istat: l’Italia è in recessione. Nell’ultimo trimestre2018, secondo la prima stima diffusa, il Pil ha fatto registrare un calo dello 0,2% sul trimestre precedente che pure aveva fatto registrareun calo (-0,1%). Secondo le convenzioni degli economisti con due cali consecutivi del Pil trimestrale l’economia entra in recessione.
Il prodotto interno lordo italiano è in frenata dal 2017. La variazione rispetto al trimestre precedente del Pil è passata da +0,5% del primo trimestre 2017 a + 0,3% del quarto trimestre dello stesso anno, a +0,1% del secondo trimestre 2018 e poi si sono stati i due cali di cui si è detto più sopra. La tendenza negativa è dunque evidente e non ci sono al momento ragioni per ritenere che sia destinata ad arrestarsi nel prossimo futuro.
L’indicatore anticipatore del ciclo determinato dall’Istat, è in sistematico calo dagli ultimi mesi del 2017 e ha fatto registrare una nuova contrazione anche in dicembre come pure, sempre dagli ultimi mesi del 2017, è in sistematico calo l’Economic Sentiment Indicator sia per l’area euro che, ed in maggior misura, per l’Italia determinato dalla Direzione per gli Affari economici dell’Unione Europea.
«Non si vede quindi – afferma Gian Primo Quagliano, presidente del Centro Studi Promotor – come la frenata dell’economia in atto dalla fine del 2017 possa arrestarsi nel corso del 2019 determinando un’inversione di tendenza. Ne consegue che il 2019 sarà il primo anno di una nuova recessione per l’economia italiana: la terza dal 2007 che inizia prima che il Pil abbia raggiunto il livello massimo da cui è partita la seconda recessione nel 2011». Di fatto, lo scenario è quella di un’economia con un andamento a “W”, dove l’Italia non è riuscita ad uscire dalla prima crisi prima di entrare nella seconda.
Anche per Unimpresa il giudizio sulle politiche economiche del Governo Conte è negativo. «Siamo tornati nel pantano della crisi. Il timore lo abbiamo espresso costantemente negli ultimi anni, quando abbiamo sempre invitato a commentare con la massima prudenza i dati positivi. Stavolta l’Istat ci dice che siamo in recessione tecnica ed è una doccia gelata che, a noi di Unimpresa – afferma la presidenteGiovanna Ferrara -, non coglie di sorpresa. La cura per tornare a crescere passa gioco forza per un pacchetto di misure incisive, a cominciare da un drastico abbattimento della pressione fiscale».
E se il governo con il premier Conte ha addirittura “bruciato” l’Istat sulla diffusione del dato negativo dandone anticipazione dinanzi alla platea degli industriali di Assolombarda, a poco serve il buttar acqua del ministro dell’Economia, Giovanni Tria, che si attende fiduciosamente un secondo semestre di riscatto, dando per scontato che i prossimi due trimestri del 2019 saranno negativi. Tant’è che gli stessi industriali milanesi hanno lamentato a Conte una politica economica che va in senso diametralmente opposto da quelle attesedal mondo della produzione, con la preferenza della spesa corrente rispetto agli investimenti, lo scontro continuo con la Ue, il depotenziamento degli incentivi per il piano Industria 4.0. Secondo il presidente di Assolombarda, Carlo Bonomi, «ora la priorità non è già una manovra correttiva della finanza pubblica, ma piuttosto una compensativa per dare una sferzata al Pil ad iniziare dallo sbloccodei cantieri per la realizzazione delle infrastrutture attivando le 400 opere già finanziate per 27 miliardi di euro, ad iniziare dalla Tav e dalla Pedemontana lombarda e veneta».
A guastare i sogni di gloria di Di Maio & C, dopo l’Istat, ci si mette anche l’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb), che evidenzia come la frenata dell’economia nazionale faccia deragliare i conti italiani rispetto ai livelli concordati con la Commissione europea in «modosignificativo». Conti dello Stato che rischiano di sballare ulteriormente per il fatto che contengono entrate molto ballerine, ad iniziare dalle entrate una tantum e dai 950 milioni di dismissioni immobiliari tutte da realizzare. Non solo: secondo l’Upb ritiene di difficile realizzazione il piano del taglio dell’1% nel debito/Pil integralmente affidato al programma di privatizzazioni da 18 miliardi, su cui il governo Conte non ha ancora diffuso dettagli. Così come pensano drammaticamente quei 51,9 miliardi di euro legati all’aumento dell’Iva pronto a scattare nel 2020 che non potrà che deprimere ulteriormente il Pil nazionale specialmente sul lato dei consumi.
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