A novembre decisa frenata (-13,3%) della produzione della filiera automotive italiana

La produzione di autovetture risulta in calo del 27% nel mese. Allarme anche per l’ecotassa che a partire da marzo penalizzerà gran parte del mercato auto.

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Produzione industriale filiera automotive

Secondo i dati preliminari diffusi da Anfia (l’associazione della filiera automotive italiana), a novembre 2018 la produzione italiana di autovetture ammonta a quasi 47.000 unità, in calo del 27% rispetto a novembre 2017. Nei primi undici mesi del 2018, la produzione di autovetture registra una flessione del 9,5% (oltre 631.000 vetture) rispetto allo stesso periodo del 2017.

A gennaio-dicembre, il mercato italiano dell’auto ha riportato un calo del 3,1% (+2% nel mese di dicembre). A dicembre, le immatricolazioni del Gruppo FCA hanno registrato una quota di mercato del 26%, con volumi in diminuzione dell’1% (e in flessione del 10% nel progressivo 2018). Negli altri comparti, presentano un segno negativo nel 2018 i veicoli commerciali leggeri (-6%, mentre nel mese la flessione è dell’11,5%), i rimorchi e semirimorchi pesanti (-2%, con un calo del 3% a dicembre) e i rimorchi leggeri (-6%, mentre il mese di dicembre chiude a -19%). Chiusura positiva del periodo gennaio-dicembre, invece, per gli autocarri (+5%, nonostante il -18% di dicembre) e per gli autobus (+37% e una crescita del 5% nel mese).

Ad ottobre 2018, il valore delle esportazioni di autoveicoli dall’Italia è di 2,13 miliardi di Euro, il 4,9% del totale esportato, e risulta in diminuzione dell’8,1%. L’import di autoveicoli vale, invece, 3,18 miliardi di Euro (+7,4% rispetto ad ottobre 2017), pari all’8% del totale importato in Italia. Gli Stati Uniti continuano a rappresentare, in valore, il primo Paese di destinazione per l’export di autoveicoli dall’Italia, con una quota del 19,5%, seguiti da Francia e Germania, rispettivamente con una quota del 14% e del 12%.

«La produzione dell’industria automotive italiana nel suo insieme, registra a novembre 2018 un calo tendenziale del 13,3%, che fa seguito alle flessioni già riportate nei precedenti quattro mesi (-8,9% a ottobre, -4,4% a settembre, -5,5% ad agosto, -5,9% a luglio) – dichiara Gianmarco Giorda, direttore di Anfia -. Anche la produzione italiana di parti e accessori per autoveicoli e loro motori3 riporta un segno negativo sia nel mese di novembre (-9,1%), sia nel cumulato (-1,8%). E le attese per il prossimo futuro, specie a seguito dell’entrata in vigore dell’ecotassa, non sono affatto positive».

A ottobre 2018, secondo gli ultimi dati disponibili, gli ordinativi della filiera automotive risultano in calo del 10,5%, per effetto del decremento degli ordinativi interni (-13,3%), e degli ordinativi esteri (-7,4%). Anche nei primi dieci mesi dell’anno, gli ordinativi registrano una flessione, dell’1,6% (-6,6% e +3,9% le rispettive componenti interna ed estera). Il fatturato delle parti, infine, presenta una diminuzione del 2,5% nel mese, a causa della componente interna in calo del 9,8%, mentre la componente estera chiude a +5,7%. Nel periodo gennaio-ottobre 2018 l’indice del fatturato registra un incremento dello 0,3%, nonostante una componente interna in diminuzione del 5,9% (+7,6% il fatturato estero).

Gli ordinativi per la filiera automotive nel suo complesso risultano in calo del 6,4% a ottobre (risultato di una componente interna in calo dello 0,8% e di una componente estera in calo del 13,5%). Nei primi dieci mesi del 2018 gli ordinativi registrano una diminuzione dello 0,2% (-1,1% nel mercato interno e +1,0% nel mercato estero).

Il fatturato della filiera automotive, infine, riporta una flessione del 6,1% a ottobre. Anche nei primi dieci mesi del 2018 il fatturato risulta in calo, dello 0,9% (-1,8% il fatturato interno e +0,3% quello estero).

Più che a gabellare ulteriormente una filiera che genera circa il 16% dell’intero gettito tributario italiano, servirebbe un ripensamento sostanziale dell’imposizione fiscale sul settore che sia meno penalizzante, anche in considerazione che è semplicemente velleitario intendere che il trasporto pubblico sia in grado di ridurre il ricorso al trasporto privato, a meno di investimenti miliardari che mancano e il cui risultato è tutt’altro che certo.

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