Zanin: «per il Friuli Venezia Giulia questa sarà una legislatura di rifondazione dell’Autonomia»

Intervista sui temi di maggiore attualità con il presidente del Consiglio regionale. Legge elettorale europea, riforma dello Statuto di autonomia, valorizzazione delle competenze locali, sviluppo dell’economia. 

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Il presidente del Consiglio regionale Friuli venezia Giulia, Piero Mauro Zanin.

Con il presidente del Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia, Piero Mauro Zanin (Forza Italia) il punto sulla legislatura che si è appena avviata e che sarà all’insegna della rifondazione dell’Autonomia speciale e sulle prospettive per il 2019 e per l’intero mandato, spaziando tra riforma dello Statuto speciale di Autonomia, alla modifica della legge elettorale europea per assicurare alle regioni autonome del collegio NordEst la sicurezza di avere propri rappresentanti nel Parlamento europeo.

Presidente Zanin, partiamo proprio dalla riforma della legge elettorale europea che lei ha proposto pochi giorni fa nel corso dell’ultima riunione dei presidenti dei consigli regionali a Roma. Perché la ritiene necessaria?

L’attuale legge elettorale europea divide l’Italia in cinque macroaree, di cui quella del NordEst è la più particolare, perché racchiude quattro regioni, due ordinarie con molta popolazione (Veneto ed Emilia Romagna) e due più piccole (Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige) che sono anche due realtà particolari in quanto sono regioni a Statuto speciale per via della presenza sul loro territorio di minoranze linguistiche. L’attuale legge elettorale proporzionale premia di fatto i candidati espressione dei territori più popolosi a discapito di quelli più piccoli, con il risultato che Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige esprimono, se va bene, solo un europarlamentare a testa, con ciò penalizzando il principio della rappresentatività delle minoranze all’Europarlamento.

In cosa consiste la modifica che ha proposto?

Si tratta di apportare una semplice variazione alla legge vigente, stabilendo che all’interno del collegio elettorale del NordEst sono stabiliti due sotto collegi regionali, uno per il Friuli Venezia Giulia e il Trentino Alto Adige, che riservi a ciascuno 2 deputati europei. In questo modo si garantisce la rappresentatività in Europa delle regioni autonome e delle relative minoranze, portando più ricchezza politica e culturale in seno all’Europarlamento. In questo modo, 4 degli attuali 14 eurodeputati eletti dal NordEst nella scorsa legislatura potrebbero essere rappresentanti delle autonomie speciali, mentre gli altri 10 sarebbero appannaggio di Veneto e Lombardia.

Come si arriva a questa soluzione?

Ho registrato consenso su questa proposta da parte di tutti i presidenti dei consigli espressione delle autonomie speciali. Se per Sardegna e Sicilia questo non si pone in quanto hanno già un loro collegio specifico “Isole”, questo è particolarmente necessario per Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige. Come ha riportato nelle scorse settimane anche “il NordEst Quotidiano”, il mio collega trentino Roberto Paccher è favorevole all’iniziativa. Ora, si tratta di approntare al più presto un disegno di legge voto di un solo articolo con cui i due consigli regionali approvano una legge rivolta al Governo nazionale con cui si chiede di modificare la legge elettorale europea nella parte che riguarda il collegio del NordEst. Essendoci la più ampia condivisione a questa proposta, il Governo Conte potrebbe renderla immediatamente esecutiva anche per le prossime elezioni europee di maggio con un apposito decreto legge, se il Parlamento non riuscisse ad approvarla in tempo utile almeno in uno dei suoi due rami.

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Il presidente del Consiglio regionale Friuli venezia Giulia, Piero Mauro Zanin durante la discussione del Bilancio

Con questa riforma si riuscirebbe a dare nuovo slancio alla politica europeistica?

Come Forza Italia siamo favorevoli ad un rilancio delle istituzioni europee che, secondo noi, passa attraverso un maggiore coinvolgimento e valorizzazione dell’assetto regionale, più che quello statuale. Avvenimenti anche recenti hanno dimostrato che all’interno dell’Europa e dei singoli stati esistono una pluralità di voci che, se non ascoltate, possono dare origine a tensioni politiche e civili. In quest’ottica, l’Unione Europea potrebbe diventare una stanza di compensazione delle varie aspirazioni locali, creando la base per la realizzazione di un’unione basata più sui popoli che sui vari stati, dando un rinnovato slancio e soluzione alla crisi che l’Europa sta vivendo.

In questa prospettiva, l’euroregione “Senza Confini” potrebbe fungere a valorizzare la collaborazione transfrontaliera tra le regioni dei vari stati europei.

Quella odierna è l’Europa dell’Euro, di una moneta senza dietro un’unione di popoli, di un’Europa dell’economia e della finanza che punta sulla sopraffazione del più forte sul più debole senza un’effettiva solidarietà e comunanza di obiettivi, quasi una politica neocolonialista se si guarda a cosa hanno fatto la Germania e la Francia nei confronti della Grecia. Questo tipo di Europa è superata e la risposta non più essere l’arroccamento negli stati nazionali, come vorrebbe una certa politica sovranista, perché rischia di essere miope e di scarsa prospettiva. La soluzione giusta è un’Europa fatta da popoli e comunità sovraregionali come fanno già Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige con le rispettive euroregioni. L’ottica deve essere l’esaltazione del regionalismo che collabora con il territorio limitrofo per creare in prospettiva una crescita comune. La capacità di creare territori limitrofi omogenei su base volontaria dà maggiore forza alla stessa Europa che avrà anche più capacità di confrontarsi con altre potenze internazionali. Altrimenti, ho paura che il sogno di Spinelli, Degasperi, Adnauer, Schumann vada a scontarsi con l’egoismo degli stati nazionali e sappiamo bene cosa ciò ha comportato per i popoli europei nel corso degli ultimi secoli in termini di frizioni e conflitti bellici.

Rimaniamo in tema di assetto istituzionale. Lei ha detto che questa legislatura per il Friuli Venezia Giulia sarà di rifondazione dell’Autonomia. A cosa si riferisce?

Stiamo assistendo ad un processo storico, dove si sta andando verso un neo regionalismo, con le regioni ordinarie che stanno chiedendo, ottenendola dal Governo centrale, maggiore autonomia e competenza decisionale. Si tratta di un percorso positivo che va sostenuto e, se possibile, ampliato, anche ad altre realtà. Un percorso che non deve essere limitato alle sole regioni ordinarie. Anche quelle speciali meritano di avere più autonomia e competenza, ad iniziare dal Friuli Venezia Giulia che, tra le regioni speciali, è quella che al momento gode di un profilo autonomistico più limitato. Nella logica dell’autodeterminazione dei popoli e nell’avvicinamento del livello decisionale ai cittadini, in ossequio al principio di sussidiarietà, credo che la mia Regione abbia dato nel tempo una prova di buona capacità di autogoverno. Per noi è giunto il momento di fare qualche passo in più verso una maggiore autonomia speciale, magari avendo come obiettivo proprio l’assetto istituzionale del Trentino Alto Adige e le due province autonome di Trento e di Bolzano, che hanno un’ampia competenza decisionale in un vastissimo campo di materie, dove anche loro stanno ragionando su nuove competenze da aggiungere a quelle esistenti.

Per il Friuli Venezia Giulia di quali competenze si tratterebbe di spostare da Roma a Trieste?

Primo passo, si deve partire dalla denuncia dell’accordo Serracchiani-Padoan che non ha posto un tetto al contributo finanziario con cui la Regione deve partecipare al risanamento dei conti pubblici nazionali. A differenza del Trentino Alto Adige dove c’è un patto sancito per legge con un tetto che non può essere superato e che dà certezza al bilancio dell’Autonomia speciale, in Friuli Venezia Giulia questo non esiste e siamo esposti ad una continua trattativa con lo Stato, cosa che penalizza la nostra capacità di programmazione locale, visto che non abbiamo mai la certezza su quante risorse può contare la nostra Autonomia. Lo Stato non può utilizzarci “pronta cassa” come ha fatto negli anni del governo Serracchiani arrivando a chiederci 1,8 miliardi di euro, salvo dare soldi, sempre pronta cassa, ad altre autonomie decisamente meno virtuose della nostra. Va capovolto l’approccio e lo Stato deve considerare anche la qualità e la complessità delle competenze che la Regione svolge a livello locale. Poi, il nostro contributo allo Stato centrale deve essere anche sostenibile, visto che su un bilancio di poco più di 5 miliardi di euro, quasi 3 se ne vanno per la sanità, che da noi è di qualità e con quello che rimane è difficile gestire e dare risposte a tutte le esigenze del territorio.

Detto dell’assetto finanziario, quali altre competenze vorreste portare in Regione?

Una che personalmente mi sta a cuore sarebbe la pubblica istruzione e anche la gestione amministrativa della giustizia, così come si fa già in Trentino Alto Adige. Ma su tutto è necessario dare sicurezza delle risorse economiche su cui l’Autonomia speciale può contare. Poi, l’obiettivo finale sarebbe potere avere più spazio di manovra sulle aliquote fiscali, in modo da potere avere una leva per attivare politiche positive d’incentivazione all’insediamento di nuova imprenditorialità e facilitare la crescita e lo sviluppo di quelle già esistenti. Toccherà alla commissione paritetica Stato-Regione porre le basi per questo cammino di ampliamento dell’autonomia regionale basata anche su migliori e più sicure risorse finanziarie.

Quanto alle riforme istituzionali c’è la volontà della giunta Fedriga e della maggioranza di centro destra di superare quel pateracchio delle Uti che hanno preso il posto delle province.

La riforma dell’assetto istituzionale varato dall’ex presidente Debora Serracchiani va superato al più presto, in quanto al posto delle 4 vecchie province che, pur con i loro problemi, alla fine funzionavano e svolgevano i loro compiti istituzionali erogando servizi a cittadini ed imprese, siamo passati a ben 18 Uti, con molti comuni che ne sono stati al di fuori e conseguenti commissariamenti. Da sindaco, ho combattuto quella legge scellerata fortissimamente voluta dalla Serracchiani per anticipare l’esito di quel referendum costituzionale poi bocciato dai cittadini. Il risultato è stato che la riforma Serracchiani è naufragata, in quanto quasi un terzo dei comuni sono rimasti fuori da questa riforma, con tutto quel che ne è conseguito. Uno dei primi provvedimenti del 2019 sarà riformare questa legge, ripristinando un’istituzione provinciale, forse basata su un diverso assetto territoriale, eletta direttamente dai cittadini che eserciti competenze già in capo alle province oltre ad alcune deleghe da parte della Regione che gestite più vicino a cittadini ed imprese possono avere una migliore efficienza e costi inferiori.

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Il presidente del Consiglio regionale Friuli venezia Giulia, Piero Mauro Zanin, con il presidente della Giunta regionale, Massimiliano Fedriga

La nuova maggioranza di centro destra della Regione nella sua prima legge di bilancio ha valorizzato la famiglia e la residenza sul territorio.

Con la legge di bilancio 2019 abbiamo messo al centro dell’azione politica le persone e le famiglie con il rilancio degli investimenti per assicurare la crescita economia della Regione e l’erogazione dei servizi pubblici. Essendo il nostro un territorio con un alto grado di denatalità, la giunta Fedriga ha ritenuto opportuno intervenire sul rilancio alla genitorialità attraverso contributi economici maggiori per il secondo e terzo figlio, con maggiore sostegno per la frequenza del nido e della scuola materna e dei trasporti, così come interveniamo con sgravi sui crediti d’imposta sul lavoro e l’Ires per le aziende in territorio montano e per l’Irap per tre anni per tutte le nuove imprese sul territorio regionale, così come sono previsti contributi alle aziende che assumano dipendenti provenienti da realtà economiche in crisi occupazionale. Poi, per valorizzare maggiormente il legame del territorio con la popolazione, tutti gli interventi pubblici erogati ai cittadini sono legati ad una permanenza minima sul territorio regionale per almeno cinque anni, anche per evitare quei fenomeni di chi si sposta sul territorio alla ricerca dei migliori contributi pubblici.

In ambito fiscale la Regione ha una certa libertà di manovra sul livello delle accise sui carburanti. Essendo una regione turistica che soffre della concorrenza della confinante Croazia, non si potrebbe agire maggiormente per essere più competitivi sui mercati esteri, visto che l’80% dei turisti stranieri in arrivo in Italia lo fa con la propria auto?

Questo sarebbe un aspetto molto interessante da inserire nel discorso della rifondazione dell’Autonomia, anche se abbiamo forti vincoli da parte dell’Unione Europea e dallo stesso Stato. Ma si tratta di un problema reale, comune anche ad un’altra realtà speciale come il Trentino Alto Adige che puo agire sul prezzo dei carburanti solo nelle zone di confine per evitare che tutti vadano a fare il pieno in Austria, Slovenia o Croazia dove benzina e gasolio costano decisamente meno che in Italia. Potrebbe essere una leva per incentivare l’arrivo dei turisti in Italia piuttosto che dirottarli in altre realtà estere più convenienti, dove costano meno pure gli alberghi per via dell’Iva ridotta. Qui si tratta di instaurare una seria trattativa con lo Stato che non deve vedere questi provvedimenti solo come una perdita immediata di gettito fiscale, ma come un investimento per la creazione di nuovi posti di lavoro e, in definitiva, di maggiori entrate fiscali, oltre che per riequilibrare la competitività delle aziende locali nei confronti di quelle oltre confine. Credo che con il ministro al Turismo Centinaio si possa instaurare una seria base di trattativa per evitare che le regioni di confine subiscano penalizzazioni dalla concorrenza estera, facendo capire che da una maggiore ricchezza prodotta da queste realtà si riverberano più soldi anche per il governo centrale. Da questo punto di vista, non capisco la posizione della Lega, nostro alleato di governo locale, che a livello nazionale ha approvato una manovra di bilancio che per oltre la metà contiene spese improduttive che andranno solo ad incrementare la spesa corrente, per di più fatta a debito. Dalla Lega mi sarei aspettato una maggiore attenzione alle esigenze del mondo produttivo che, se riesce a crescere e a svilupparsi, crea poi naturalmente quei posti di lavoro che qualcuno vorrebbe creare con il fantomatico reddito di cittadinanza, che per la stragrande parte finirà nelle tasche degli immigrati. Anche a livello nazionale si avrebbe dovuto fare una politica economica realmente espansiva, come quella che abbiamo messo in campo qui in Friuli Venezia Giulia.

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