Crollo di Apple in Borsa a seguito del calo delle previsioni di vendita – e di fatturato – per la prima volta dopo 15 anni di inesauribile crescita del fatturato e degli utili, fino a farne la prima società mondiale a valere in borsa oltre 1.000 miliardidi dollari. Da quel record in poi, l’inversione di rotta, con continui cali e lancio di prodotti che hanno riscosso poco gradimento da parte del pubblico, specie da quello orientale, complice un livello di prezzo giudicato non in linea con in contenuti tecnologici ed innovativi dei suoi prodotti.
Dopo l’annuncio a Borsa americana chiusa dei risultati per l’ultimo trimestre 2018 – quello che solitamente chiude con il boom complice anche le vendite natalizie e del black friday – con risultati in deciso calo è scatenata la bufera su tutti gli indici tecnologici nelle borse di tutto il mondo, quasi si sia rotto l’incantesimo della bolla trascinata dall’economia digitale.
Dalla marcia trionfale della crescita del 7% le ultime previsioni hanno ritracciato su un più modesto – ma sempre buono – 3-4% di crescita. Immediata la ripercussione sul corso azionario, con il calo del 9% sul titolo Apple a New York, con ripercussioni sugli indici azionari del settore tecnologico e dei titoli globali. Per il primo trimestre dell’anno fiscale 2019, conclusosi a dicembre, Apple prevede un fatturato di 84 miliardi di dollari, in calo rispetto alle stime di 89-93 miliardi rilasciate in precedenza.
Tim Cook ha spiegato che la prima revisione al ribasso dopo 15 anni è dovuta alla «debolezza economica in alcuni mercati emergentiche si è rivelata avere un impatto significativamente maggiore di quello che avevamo previsto». A preoccupare i vertici di Apple sono le condizioni del mercato cinese che assorbe il 20% del totale delle vendite della società e che soffre sempre più la concorrenza dei nuovi giganti cinesi e la possibilità dell’insorgenza di nuovi dazi che potrebbero danneggiare gli affari della società, visto che la quasi totalità della produzione avviene tra la Cina e Taiwan. Secondo Cook, «oltre il 100% del calo delle nostre entrate mondiali su base annua si è verificato nella Grande Cina» e riguarda i dispositivi «iPhone, Mac e iPad».
E la caduta registrata da Apple alla diffusione della trimestrale non è una novità: le azioni della Mela sono in discesa libera da tre mesi: da quando l’azienda ad inizio ottobre quando capitalizzava 1.000 miliardi di dollari, prima società mondiale a raggiungere tale soglia, da allora Cupertino ha bruciato circa 300 miliardi. Apple deve poi vedersela con una concorrenza sempre più agguerrita proprio dai produttori cinesi che nel volgere di pochi anni sono riusciti a lanciare prodotti sempre più competitivi e tecnologicamente avanzati a prezzi decisamente inferiori a quelli di Cupertino: mentre un iPhone costa in media 900 dollari (con punte anche di oltre 1.500), i telefonirealizzati da produttori come Huawei o Oppo ne costano in media 300. Su questo comparto poi gioca una fedeltà al marchio sempre minore da parte dei consumatori, ormai pienamente smaliziati e capaci di conoscere il valore del contenuto tecnologicodell’apparecchio offerto e sempre più consumatori non sono più disposti a corrispondere il plus valore determinato dal solo marchio ad Apple, quando qualche concorrente offre più contenuti a minor prezzo. E la cesura si è fatta sempre più forte dopo il 2017, quando Appleha aumentato del 20% secco il prezzo di iPhone. Una scelta che si è rivelata un pesante boomerang che ora dovrebbe portare Kook e soci a fare ammenda e a tagliare decisamente sui prezzi dei loro prodotti, oltre a cambiare alcune scelte commerciali circa l’obsolescenza programmata dei loro dispositivi con il mancato supporto dell’assistenza e degli aggiornamenti dopo solo pochi annidall’acquisto dei prodotti della Mela.
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