La Magical Mystery Orchestra al teatro Toniolo per celebrare i 50 anni dall’uscita del “White Album” dei Beatles

Molto applaudita l’esecuzione dell’album “The Beatles”.  Di Giovanni Greto 

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magical mystery orchestra

Nata tra Mestre e Venezia nel 1992, la Magical Mystery Orchestra (d’ora in avanti MMO) è cresciuta musicalmente nel corso del tempo, rivisitando in maniera personale il repertorio beatlesiano senza stravolgerlo. Per scelta, l’ensemble ha deciso di riproporre, oltre ad alcuni tra i più celebri ed amati successi dei Beatles, soprattutto quelle canzoni che il quartetto non ha mai eseguito dal vivo, ma solo in studio di registrazione. E così, dopo la celebrazione, nel luglio del 2017, dei 50 anni di “Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band”, in un teatro La Fenice affollato e caloroso come non mai, la MMO si è spostata al teatro Toniolo di Mestre, dove ha ricordato l’uscita, 50 anni fa, di “The Beatles”, il doppio LP meglio conosciuto come “White Album”.

Per prima cosa c’è da complimentarsi con i musicisti, numerosissimi. Per questo importante progetto la formazione standard (quintetto pop, quartetto d’archi e trio di fiati), ha accolto al suo interno altri nove musicisti – un chitarrista, un trombettista, un tastierista, un percussionista, quattro clarinettisti e due sassofonisti – arrivando così a ben 22 elementi.

E’ stato rispettato l’ordine di esecuzione dei brani, fatta eccezione per “Revolution 9”, diffusa all’inizio della seconda parte, arricchita dalle multivisioni di Francesco Lopergolo. Un plauso per l’assenza di tempi morti, se non  quelli tecnicamente necessari.

L’orchestra ha esordito con “Back in the Ussr” e si sarebbe congedata, dopo 30 canzoni, con “Good Night”. Gli spettatori hanno seguito il concerto chi in silenzio, chi commentando e ricordando i brani di un album per la cui registrazione occorsero 20 settimane, più una maratona finale negli studi di Abbey Road assieme a George Martin, per definire la sequenza dei quattro lati del doppio LP e per completare le modifiche e le dissolvenze incrociate tra i suoi brani.

Caratterizzato da un coacervo di suoni e sperimentazioni l’album presenta generi musicali diversi dal rock’n’roll al vaudeville, dal rock psichedelico al country folk, dal jazz alla musica da camera, dal blues all’hard-rock, alla pseudo-avanguardia.

La MMO, priva della possibilità di correzione consentita nelle registrazioni in studio – certi brani superavano anche le 100 alternative – ha avuto il coraggio di eseguire un repertorio decisamente complesso, a partire da prove iniziate solo a fine agosto, dando vita ad un concerto godibile e soprattutto fresco, che ha certamente indotto buona parte del pubblico ad andarsi a riascoltare il disco originale.

Sono parsi azzeccati gli arrangiamenti, curati da Eddy De Fanti, direttore artistico e supervisore dell’ensemble, chitarra accompagnamento, voce e sporadicamente percussioni e da Roberto Cecchetti, chitarra solista e voce. I brani dal tono più alto, quelli maccartiani per intenderci, sono stati affidati a Massimo Bellìo, tastierista, affiancato da Paolo Vianello alle tastiere, effetti speciali e negli assolo di pianoforte impegnativi, il quale ha dimostrato la lunga esperienza maturata con la musica Jazz.

Il quintetto pop è completato da Andrea Ghion, puntuale, ritmico e anch’egli coinvolto vocalmente e dal batterista, esuberante, Matteo Ramuscello. Elegante, la prestazione del quartetto d’archi, impegnato anche nelle parti corali: Luisa Bassetto e Francesca Balestri, violino; Elisabetta Rinaldo, viola; Valentina Rinaldo, violoncello. Luisa Bassetto ha riscosso applausi, nella riproposizione di “Don’t pass me by”, l’unico brano composto interamente e finalmente – i Beatles si stavano avviando alla fine del loro sodalizio – da Ringo Starr.

La sessione fiati è apparsa come sempre coesa e indispensabile all’arricchimento di brani come “Honey Pie”, “Ob-La-Di Ob-La-Da”, “Sexy Sadie”. Complimenti dunque a Gianfranco Busetto e Fabiano Maniero (tromba), Giovanni Caratti (trombone) e Massimo Zanolla (corno).

Preciso ed essenziale, nel rispetto della percussione beatlesiana, Gianni Scanu, preso a prestito dai Batisto Coco, l’altro gruppo capitanato da Eddy De Fanti. Buono e necessario l’apporto di Matteo Ballarin (chitarra elettrica) e rafforzativo quello del sestetto di fiati : Claudio Caverzan, Martino Pavan, Giovanni Masiero, Michele Uliana (clarinetti) ; Giorgio Schiavon, Alberto Vianello (sassofoni). Una menzione anche per il tecnico del suono, Pierluigi Campalto, che ha disegnato una precisa acustica per il teatro.

Il concerto non si è però concluso con l’esposizione dell’intero “White Album”, ma è proseguito con numerosi bis: l’ultima parte di “Abbey Road”, da “Golden Slumbers” a “The End”; “All you need is Love”, una festa di archi e fiati; “Let it be” ed “Hey Jude”, incollate come in una Medley, che si è conclusa senza strumenti, cantata insieme dal pubblico e dai musicisti sul proscenio del palcoscenico.

Per chi non fosse stato presente al Toniolo, c’è la possibilità di applaudire l’orchestra, ovviamente in formazione dimezzata, vista la capienza del posto, al “Vapore”, lo storico locale di Marghera, il giorno di San Stefano (26 dicembre).

Per il prossimo anno, la MMO sta già pensando di riproporre “Abbey Road”, per celebrarne il 50esimo anniversario.

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