Un sistema aeroportuale per Verona, patrimonio dell’UNESCO e l’area del Garda

Ma il problema è che il sistema funzioni a favore del territorio e non sia a mero servizio delle logiche finanziarie della Save.  Di Dario Balotta, presidente Onlit 

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Secondo l’annuale rapporto di Legambiente Ecosistema Urbano 2018”, redatto in collaborazione con Il Sole 24Ore, Verona crolla di 22 posizioni passando dal 45° posto del 2017 al 67° posto del 2018. Il maggiore degli insuccessi è la gestione del Sistema Aeroportuale del Garda, che controlla gli aeroporti di Verona Villafranca e Brescia Montichiari, svenduto alla Save (scali di Venezia e Treviso) attraverso un’operazione dove l’ex sindaco di Verona Villafranca ha svenduto il suo 2% della Catullo SpA nel luglio del 2014 alla Save che era comunque già d’accordo con i soci locali per fare un aumento di capitale riservato alla Save, che sale così di colpo al 40%. Cessione eseguita in contrasto con le norme in vigore che prevedono la gara pubblica quando si cedono asset pubblici, come ha notato l’Autorità anti-corruzione (Anac) di Raffaele Cantone.

Un’operazione che ha preso le mosse da ciò che rimane del tessuto consociativo della città. Politica, impresa e finanza locali hanno favorito – a dispetto di norme e direttive – il passaggio di più del 40% della Catullo alla Save di Enrico Marchi senza andare in gara e pure a prezzo di saldo. In questo modo, la Save si è vista consegnare il controllo completo della società senza avere la maggioranza grazie a patti parasociali suicidi inspiegabilmente concessi dai soci pubblici, che prevedono anche l’opzione di prelazione sulle altre quote in mano pubblica, tale da configurare una sorta di vendita differita.

Con il pronunciamento dell’Anac di Cantone che ha dichiarato «non conforme alle previsioni del codice dei contratti e del diritto comunitario la cessione delle quote di proprietà del comune di Villafranca nel capitale sociale della società Aeroporto Valerio Catullospa», la situazione risulta adesso chiara. La decadenza di Verona passa soprattutto dalla cessione del Catullo alla Save che gestisce lo scalo di Venezia che è diventato il quarto scalo italiano grazie anche ai soci Catullo che negli anni non stati stati in grado di sviluppare lo scalo Veronese, favorendo nel tempo il travaso di gran parte del suo traffico nello scalo della Laguna.

Basta consultare i dati storici per vedere come nel 2000 lo scalo di Verona era classificato decimo in Italia in termini di volumi di traffico, nel 2017 è sceso al sedicesimo posto in compagnia dell’aeroporto di Treviso e poco sopra allo scalo di Olbia. In questo periodo, il settore aeroportuale è cresciuto del 90% da 92 ai 175 milioni di passeggeri l’anno del 2017. Lo scalo di Verona è cresciuto invece di appena il 35% (circa il 2% l’anno, contro una media del 5% a livello nazionale), mentre scali come Bergamomoltiplicavano il traffico del 900%, Bologna del 233%. Lo scalo di Venezia Tessera nel periodo considerato ha fatto un balzo del 250%consolidando il quarto posto nella classifica degli aeroporti Italiani nel 2017. Numeri importanti, eppure lo scalo di Verona che è a servizio di uno dei territori per dinamici e produttivi d’Europa non è cresciuto, ma purtroppo Verona e il suo ricco territorio, cuore del NordEst, paga a caro prezzo il consociativismo che ha lavorato per gli interessi di parte e non per il bene pubblico.

A ottobre è arrivata anche la deliberazione della Corte dei Conti che smentisce la linea di difesa avversa ai rilievi riportati nella deliberazione dell’ANAC finora sostenuta dal comune di Villafranca che nella persona dell’allora sindaco faceva credere, con risposta all’ANAC nell’aprile del 2017, di aver sempre agito “coperto” dai pareri positivi della Corte dei Conti. Tutto falso invece per la Corte dei Conti e questo segna l’inizio della fine per la linea che il centrodestra veronese sostiene da tempo, prima sperperando le risorse economiche degli enti locali veronesi investite nel Catullo senza risultati.

Viste le irregolarità della cessione dell’aeroporto scaligero, ora la città si attende un pronunciamento in grado di riavvolgere il film dal ministro dei Trasporti, Danilo Toninelli, ma anche dalla Procura che, pur avendo ricevuto il fascicolo dall’ANAC, non si è ancora mossa al riguardo.