6,2 miliardi di euro di nuove tasse a danno delle imprese nella “Manovra” del governo pentaleghista

Maggiori costi tra più tasse e meno contributi e deduzioni che aggraveranno la già critica economia nazionale sull’orlo della recessione.

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Nel 2019 l’applicazione del disegno di legge di Bilancio comporterà nuove tasse a danno delle imprese di 6,2 miliardi: di cui 4,5 miliardi circa in capo alle imprese non finanziarie e quasi 1,8 miliardi a carico di banche e assicurazioni. Secondo l’Ufficio studi della CGIA questo risultato è frutto degli effetti fiscali sulle imprese di ogni singolo articolo presente nel disegno di legge di Bilancio.

Tra nuove misure che appesantiranno la tassazione, la rimozione/differimento di altre che avrebbero dovuto essere applicate e l’introduzione di novità che invece alleggeriranno il prelievo, nel 2019 le imprese italiane subiranno un incremento di gettito di 6,2 miliardi di euro. Le cose andranno meglio nel 2020, quando la crescita del prelievo si ridurrà a “soli374 milioni di euro, per cambiare completamente segno nel 2021, quando il sistema delle imprese, le banche e le assicurazioni beneficeranno di una diminuzione del prelievo fiscale per un importo di circa 1 miliardo di euro.

Per il coordinatore dell’Ufficio studi, Paolo Zabeo, «il malumore che serpeggia tra il mondo delle imprese trova una parte di giustificazione nei risultati che emergono da questa ricerca. In campagna elettorale, in particolar modo al Nord, oltre al tema della sicurezza e allo smantellamento della legge Fornero, Lega e Movimento 5 Stelle hanno riscosso un forte consenso tra gli elettori perché si erano impegnati a tagliare pesantemente le tasse. Se con questa manovra e col decreto sicurezza una buona parte di questi impegni è stata mantenuta, sul fronte della riduzione delle imposte, invece, le aspettative, in particolar modo dei piccoli e mediimprenditori, sono state clamorosamente disattese».

La Cgia sottolinea come nel 2019 la pressione fiscale è destinata ad attestarsi al 41,8%. Tuttavia, questa previsione potrebbe salire in caso di crescita del Pil inferiore al valore programmato, cosa che le ultime rilevazioni dell’Istat sembrano avallare, con il rischioche il Paese entri nuovamente in recessione, visto che gli ultimi due trimestri hanno registrato la crescita negativa del Pil.

Dall’analisi dei singoli articoli della bozza di legge di Bilancio, emerge che nel 2019 la misura più negativa per le imprese è l’abrogazione dell’Iri (nuova imposta sui redditi delle società di persone con aliquota al 24%) che, dopo una serie di slittamenti avvenuti nella scorsa legislatura, doveva entrare in vigore l’anno prossimo. La mancata introduzione di questa nuova imposta non consentirà a queste piccole imprese in contabilità ordinaria di ridurre il carico fiscale per un importo di quasi 2 miliardi di euro (art. 82).

Le grandi imprese, invece, subiranno un aggravio di gettito importante, a seguito del differimento sia della deducibilità delle quote di ammortamento relative al valore dell’avviamento (art. 87), sia della deducibilità delle riduzioni del valore dei crediti e altre attività finanziarie (art. 85). Se la prima misura costerà alle aziende 1,3 miliardi di euro, la seconda, invece, quasi 1,2 miliardi.

Anche le banche e le assicurazioni subiranno una forte stangata che rischia di “riversarsi” su correntisti e investitori in termini di maggiori costi. Il differimento dal 2018 al 2026 della deducibilità della quota di perdite su crediti e svalutazioni relative agli anni precedenti comporterà un aggravio di gettito di pari a 950 milioni (art. 83). Le assicurazioni, inoltre, vedranno aumentare la misura dell’acconto dell’imposta da versare all’erario per un costo di 832 milioni di euro (art. 84).

Visto l’andamento sempre più incerto e negativo dell’economia nazionale, Matteo Salvini e Luigi Di Maio devono fare una scelta drastica: perseguire sulla spesa clientelare ed assistenzialistica mantenendo i provvedimenti dell’anticipo pensionistico e del reddito e pensioni di cittadinanza, oppure scegliere coraggiosamente il bene superiore del Paese puntando l’indice della spesa sugli investimenti produttivi ed infrastrutturali per sostenere l’impresa e la creazione di posti di lavoro autentici e duraturi neltempo.

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