E’ tutt’altro che in discesa la strada per il rinnovo della concessione A22 “in house” e questa, se avverrà, andrà nel senso non auspicato dagli attuali soci pubblici di Autobrennero. La richiesta inoltrata da questi al ministro Toninelli di avere voce in capitoloalle nomine che contano è stata pressoché rispedita al mittente, non per scarsa volontà da parte del ministro pentastellato, ma peruna precisa disposizione della Commissione europea.
Nella sua tempestiva risposta alle richieste dei soci in particolare sulle modalità di scelta del presidente del comitato paritetico (vero centro di potere nel nuovo assetto), Toninelli afferma come «la Commissione europea ha espresso la propria contrarietà al consensovincolante dei soci locali sul nome del presidente del comitato paritetico di indirizzo e coordinamento» e in caso contrario «si arriverebbe sicuramente a una procedura di infrazione», pur auspicando un «dialogo costruttivo tra le istituzioni coinvolte».
Nella nota vergata dal ministro alle Infrastrutture, Toninelli afferma di essere «sempre pronto e disponibile al dialogo con le autorità regionali e locali per la definizione dei dettagli dell’importante accordo che riguarda la concessione dell’autostrada A22. Per quanto riguarda il consenso vincolante dei soci locali sul nome del presidente del comitato paritetico di indirizzo e coordinamento, si ricorda che la Dg Grow della Commissione europea ha ribadito più volte la propria contrarietà a tale misura, contrarietà espressa ancora il 13 novembre scorso e confermata, in ultimo, con il parere del 20 novembre».
Toninelli motiva il respingimento della più importante delle richieste dei soci non per una sua cattiva volontà, me per obbligo superiore imposto dalla Commissione europea, i cui strali sono pronti a drizzarsi nel caso di mancato adeguamento.
Quanto al tema della garanzia degli investimenti di 800 milioni per il miglioramento della viabilità ordinaria funzionale all’asse autostradale richiesta dai soci pubblici locali nel rinnovo della concessione A22, Toninelli afferma che «si fa notare che l’ammissibilità in tariffa non dipende dal dicastero, ma è demandata all’autonomia dell’Art, quale regolatore indipendente». E proprio da quest’ultima viene un altro diniego alle aspettative dei soci locali. L’Autorità di Regolazione dei Trasporti boccia l’accordo tra ministero e gli enti locali relativamente al protocollo d’intesa sottoscritto il 14 gennaio 2016, dove gli enti locali sono indicati come soggetto concessionario, anche attraverso una propria società in house. Uno scenario che secondo l’Art, che cita a tal proposito una sentenza del Consiglio di Stato del 20 giugno scorso, esclude che la società in house posseduta dagli enti pubblici, formalmente concessionari dell’autostrada, possaesercitare la concessione in qualità di subconcessionaria.
Il presidente dell’Art, Andrea Camanzi, sottolinea poi altri aspetti del protocollo che non reggono, ad iniziare dall’equilibrio economico della nuova società in house, con entrate sottostimate rispetto all’entità dei costi da sopportare.
In capo ai soci pubblici locali si fa sempre più strada l’ipotesi alternativa – che era quella principale da seguire fin dall’inizio – di tornare alla gara pubblica europea per il rinnovo della concessione, togliendosi dalle secche e dalle pastoie di quella che sembrava essere una scorciatoia virtuosa per tenersi stretti i pingui utili che la concessione A22 regala ogni anno ai propri azionisti. Ma vista la protervia con cui a Roma ci si batte per la gestione statale dell’A22 con la formula della società in house, potrebbe anche scaturire anche un nuovo scenario che a Trento e Bolzano parrebbe non essere mai stato preso in considerazione. Essendo la concessione di A22 già scaduta da 4 anni, nulla vieta che lo Stato per il tramite di Anas richiami a sé la gestione (e gli incassi) di A22. Ne avrebbe tutti i diritti e ciò costituirebbe il più grande scorno per Svp, Pd e Patt che negli ultimi cinque anni si sono sforzati per cercare di tenersi l’autostrada ad ogni costo. Di più: anche l’ormai famoso “tesoretto” accumulato negli anni da Autobrennero per il finanziamento incrociato del tunnel ferroviario del Brennero, cresciuto fino a 700 milioni di euro, non è mica detto che rimanga intatto di competenza degli attuali soci pubblici in caso di mancato accordo sulla società in house e sull’eventuale perdita della concessione dopo l’effettuazione di una gara pubblica. All’epoca dell’accordo per la sua istituzione, lo Stato aveva assicurato il suo accantonamento in esenzione d’imposta al solo fine del finanziamento del nuovo tunnel ferroviario del Brennero. Se il “tesoretto” non dovesse essere utilizzato per tale scopo, esso finirebbe inevitabilmente taglieggiato dal Fisco, con lo Stato che ne incasserebbe comunque la metà, con i soci locali di Autobrennero cornuti e mazziati.
Per rimanere sempre aggiornato con le ultime notizie de “Il NordEst Quotidiano”, iscriviti al canale Telegram
© Riproduzione Riservata