I principali indicatori dell’industria di Padova e Treviso, analizzati dall’indagine congiunturale realizzata da Assindustria Venetocentro, in collaborazione con Fondazione NordEst, su un campione di 524 aziende delle due province, si mantengono in terreno positivo, ma evidenziano la manifattura in rallentamento. E all’orizzonte lo scenario è in ulteriore decelerazione. Nel terzo trimestre la produzione aumenta su base annua e in modo pressoché omogeneo del 1,4% (dal 1,6). Ma nella media dei primi nove mesi la performance rallenta al +1% dal +2,3 nel 2017. Più tonica la domanda interna (+2,5%), l’estera invece si assottiglia (+1% dal +5,3). In leggero recupero l’occupazione. La frenata di un indice anticipatore come gli ordini (+1,2%) preannuncia un ulteriore rallentamento nei prossimi mesi. L’accesso al credito risulta più restrittivo già nei mesi estivi. Peggiorano giudizi e attese degli imprenditori, in presenza di un indebolimento delle condizioni per la crescita, interne ed esterne.
Nel terzo trimestre 2018 l’indice della produzione industriale aumenta del 1,4% rispetto allo stesso periodo del 2017 ma risulta in decelerazione (+1,6% nel secondo trimestre). Nella media di gennaio-settembre la variazione è del 1%, in discesa rispetto alla media 2017 (+2,3%). La crescita è diffusa a tutti i settori manifatturieri, con il metalmeccanico sopra la media (+2,6%) e tra le classi dimensionali le piccole imprese (+2,0%). La variazione positiva degli ordinativi diminuisce (+1,2% dal +3,8) e l’orizzonte di lavoro si assottiglia (il 29,7% ha ordini per meno di un mese), segnalando che è in vista un ulteriore rallentamento nei prossimi mesi. Recupera la domanda in Italia, con vendite interne in aumento su base annua del 2,5% e dato sopra la media per metalmeccanica (+3,9%) e imprese con 20-49 addetti (+3,5). Il deterioramento del ciclo economico mondiale e delle condizioni esterne condiziona le vendite all’estero, in frenata al +1% (dal +5,3 nel secondo trimestre). Risultato della tenuta delle vendite in Europa (+1,8%) e del brusco calo di quelle extra-Ue (-0,7% dal precedente +7,1%).
L’indice dell’occupazione è in leggero recupero su base annua: +1,0% (dal +1,7 nel secondo trimestre), con dato sopra la media per metalmeccanica (+1,7%) e classe 50-249 addetti (+1,5).
La dinamica resta positiva ma la crescita si assottiglia in tutti gli indicatori. Il rialzo del prezzo di greggio e non-oil spinge i prezzi delle materie prime, in aumento per il 52,4%. Spread e tassi irrigidiscono le condizioni di accesso al credito già nei mesi estivi, con commissioni bancarie in aumento per il 28,0% (dal 18,0) e rialzo dei tassi di interesse per il 16,0% (dal 11,9). La liquidità aziendale è tesa per il 17,0%; si riducono i tempi di pagamento: il 15,8 lamenta ritardi.
Diminuisce la fiducia degli imprenditori sui prossimi sei mesi a fronte di rischi al ribasso per il contesto economico, legati all’incertezza politica interna e al deterioramento delle condizioni esterne (protezionismo, rallentamento principali partner commerciali, tensioni in Europa). La produzione è attesa in crescita dal 28,3%, in calo dal 17,0%: saldo di opinione +11. Peggiorano le attese sugli ordini interni, in aumento per il 21,0%, in calo per il 20,1 (saldo +1). Ancora positive ma in frenata quelle sugli ordini esteri, in aumento per il 28,7%, giù per il 14,8%. Restano prevalenti i giudizi di stabilità per l’occupazione (62,0%), il 37,3% prevede assunzioni nei prossimi sei mesi. Il rallentamento del ciclo economico e l’incertezza raffreddano gli investimenti nei prossimi sei mesi, previsti stabili o in crescita da 8 aziende su dieci (81,2%). Il 22,3% li aumenterà (undici punti in meno del terzo trimestre 2017), il 58,9% li manterrà stabili.
«Il motore manifatturiero, dopo una serie di trimestri di crescita diffusa e costante, rallenta – dichiara Massimo Finco, presidente di Assindustria Venetocentro -. La produzione mantiene una dinamica positiva ma è in decelerazione e anche la spinta dell’export specie extra-Ue si appanna, complici il rallentamento dell’economia mondiale, la frenata di mercati come la Germania. Ma a preoccupare gli imprenditori è soprattutto l’incertezza, sul fronte politico interno, sullo spread e l’erogazione del credito, sull’impatto di una manovra fatta più di consenso che di scelte concrete per la crescita, in assenza di interventi pro-imprese, tra l’indebolimento di Industria 4.0, l’assenza di credito per la formazione e il taglio di quello per la ricerca, la stretta sulle banche che comincia a scaricarsi su imprese e famiglie con maggiori costi di finanziamento, uno scenario preoccupante da scongiurare».
Secondo Finco «siamo dinanzi ad un quadro di un Paese che potrebbe smettere di crescere, che fa a pugni con l’ottimismo del governo e la convinzione che la manovra sia la soluzione e non il problema. Sarebbe auspicabile e saggio che questi segnali, dopo Ue, mercati, agenzie di rating e la posizione espressa da tutti i settori produttivi, inducano il governo a fare i conti con le proprie responsabilità di fronte al Paese. A dialogare, a confrontarsi con il popolo dei produttori, capire che ci sono alcune criticità e cambiare. Cambiare la manovra per destinare tutte le risorse disponibili non al finanziamento di spesa corrente, ma al sostegno prioritario degli investimenti produttivi, pubblici e privati, dei quali c’è bisogno per realizzare o anche solo avvicinare gli ambiziosi obiettivi di crescita che si è dato il governo. Ricordando che la crescita non si fa per decreto, la fa l’industria».
«Gli imprenditori veri – sottolinea Finco -, che creano Pil e occupazione, vogliono certezze: sul progetto di politica industriale, sulle infrastrutture, dalla TAV alla Pedemontana, e sui tempi della loro realizzazione, sulla nostra collocazione in Europa per reggere il confronto con Usa, Cina, Russia. Le imprese non possono più sopportare una politica che va contro lo sviluppo e la crescita». E i politici, almeno quelli veri – specie sempre più rara sostituita da propalatori di fandonie -, dovrebbero agire per trasformare in atti concreti le aspettative dell’economia, in modo da fare crescere il Paese e distribuire la ricchezza prodotta a tutti, senza perdersi per viottoli e scorciatoie varie che portano solo dritti verso il burrone.
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