«Quanto è accaduto in Veneto è un’apocalisse»: questo il commento senz’appello di Angelo Borrelli, il capo della Protezione civile nazionale che ha effettuato un sopralluogo sulle aree colpite dal pesante maltempo dei giorni scorsi assieme al governatore del Veneto, Luca Zaia.
Gran parte del Bellunese, la zona più colpita, vede 160.000 utenze elettriche interrotte causa i tralicci piegati come se fossero di plastica invece di acciaio, con lo schianto degli alberi causato dal fortissimo vento soffiato anche oltre 150 km/h che hanno abbattuto i cavi delle linee elettriche minori. Oppure le frane che hanno interessato gran parte della viabilità con almeno 100 km di rete da rifare e con esse le sottostrutture, ad iniziare dalla rete dell’acqua e del gas.
La ricognizione compiuta in elicottero da Zaia e Borrelli ha confermato una montagna messa in ginocchio dalla tempesta: una situazione che «va affrontata da subito per garantire la ripresa delle attività delle fabbriche e del territorio stesso» ha detto Zaia. Sul fronte produttivo, numerose le aziende in crisi sia per i danni ai capannoni ma, soprattutto, per l’impossibilità di raggiungerle e di fare circolare persone e merci. Una prima stima dei danni supera il miliardo di euro, e il rischio maggiore è che, se non si interviene subito, ci sia chi decide di abbandonare la montagna.
Da Zaia anche l’appello ad «evitare il turismo delle disgrazie. Aspettate che si ripristini bene la viabilità e poi cominciate ad andarci per andare a sciare o fare una gita, la montagna si aiuta anche così». Insomma, non si vuole ripetere un’altra Rigopiano. Ma l’obiettivo degli amministratori della Regione e della provincia di Belluno è il ripristino delle condizioni minimali per garantire l’attività del turismoinvernale e natalizio, vero polmone economico di queste realtà di montagna. In questo contesto, indispensabile attivare al più presto la pulizia delle piste da sci dai numerosi alberi schiantati dalla forza del vento, il ripristino degli impianti di innevamento e dell’accessibilità alle strutture da parte dei turisti, visto che le strade danneggiate avranno per un bel po’ di tempo una portata limitata, tale da non consentire il passaggio dei grandi bus turistici e dei camion più pesanti.
La situazione delle foreste danneggiate è quella che preoccupa maggiormente, sia per la sicurezza dei pendii delle montagne ora maggiormente esposti a frane che per il rischio che gli alberi schiantati al suolo, se non tempestivamente rimossi, inneschinofenomeni di marcescenza e sviluppo di agenti patogeni che potrebbero infettare anche gli alberi sani. Per rimuovere gli oltre 1,3 milioni di metri cubi di legname schiantato serve un’azione eccezionale, altrimenti il rischio e che ci s’impieghi tre-quattro annisolo per ripulire, mentre per ripristinare l’ambiente colpito ci vorranno decine d’anni, forse un secolo. Il danno può essere anche l’occasione per avviare una diversificazione della foresta, passando dal solo abete rosso (che ha radici superficiali) ad un assetto misto, fatto di larici, faggi e abeti, alberi più “solidi” e anche “elastici” ai colpi delle intemperie. Si tratterà di uno sforzo notevole che dovrà vedere impegnati congiuntamente l’uomo (co rimpianti artificiali) che la natura.
© Riproduzione Riservata