«L’imperialismo e il nazionalismo hanno causato la Prima Guerra Mondiale con 17 milioni di vittime, dolori inenarrabili e distruzione senza fine. E’ stata la guerra la cui fine ha significato lo smembramento del Tirolo e lo spostamento del confine italiano al Brennero. Solo dopo l’esperienza del fascismo e del nazionalsocialismo, di una nuova guerra mondiale e dell’Olocausto, l’Europa ha appreso la giusta lezione e trovato la strada per una collaborazione proficua». Questo il commento pronunciato dal presidentedella Provincia di Bolzano, Arno Kompatscher, ad Innsbruck in occasione della prima delle tre Giornate della riflessione organizzate per il Centenario dalla fine della Prima Guerra Mondiale, il 4 novembre 1918.
«Il progetto europeo ci ha portato 70 anni di pace, sicurezza e benessere. Oggi dobbiamo però prendere atto con grande preoccupazione che sfide come le migrazioni, la globalizzazione e la digitalizzazione rendono insicure molte persone e le hanno rese più inclini a cercare soluzioni semplici ai propri problemi. Il fascino di una guida forte in seno a uno Stato forte, che porti avanti unicamente gli interessi della propria nazione, sta diventando sempre più forte. Un secolo dopo la fine della Prima Guerra Mondiale sappiamo che è stato esattamente un approccio di questo tipo a provocare la più grave catastrofe del Ventesimo secolo, portandoci a lottare con ancora maggiore determinazione contro il nazionalismo e per un’Europa unita – ha aggiunto Kompatscher -. Una cosa credo sia molto chiara: l’Euregio Tirolo-Alto Adige-Trentino rappresenta la reale possibilità di superare i confini e di dare vita a una piccola Europa all’interno dell’Europa».
La manifestazione di Innsbruck si è svolta alla presenza del Landeshauptmann del Tirolo, Günther Platter, e del delegato del Trentino, Giuseppe Zorzi, nell’ambito di una festa commemorativa con musica dell’Euregio, testimonianze storiche dell’epoca, una preghiera comune per la pace e una conferenza scientifica sulla Prima Guerra mondiale della storica Gunda Barth-Scalmani dell’Università di Innsbruck.
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