E’ passato giusto un anno da quando Lombardia e Veneto hanno votato il referendum per l’autonomia delle due regioni con oltre 5 milioni di persone ai seggi e un plebiscito che ha consentito ai governatori lombardo e veneto di aprire una trattativa ufficiale con Roma allo scopo di ottenere la competenza esclusiva di alcune materie.
La ricorrenza è stata celebrata a Venezia dal governatore Luca Zaia assieme al ministro alle Riforme Erika Stefani, durante la quale si sono ripercorsi gli eventi di questi mesi che hanno portato all’accordo tra la regione Veneto e lo Stato per accordare l’autonomia nelle 23 materie previste dalla Costituzione.
Tutto è pronto per l’approvazione finale, ma ci sono i grillini a mettersi di traverso perché timorosi che una maggiore autonomiaper Veneto e Lombardia (oltre che per l’Emilia Romagna) possa inaridire quella gonfia mammella che alimenta con fiumi di euro nordici la dissestata economia clientelare e assistenzialista di molte, troppe regioni del Sud Italia, guarda caso proprio in quei territori dove il M5s ha avuto i suoi maggiori successi elettorali alle politiche del 4 marzo scorso.
E’ stato il ministro Stefani a togliere il velo all’azione boicottatrice grillina nel corso di un’intervista televisiva: «è tutto pronto, però i ministri pentastellati hanno chiesto ulteriore tempo per studiare la pratica». Un modo elegante per dire che Luigi Di Maio e soci non vogliono segare il ramo su cui sono seduti.
Stefani è pronta per avviare l’iter istituzionale che prevede l’emanazione di un decreto del Consiglio dei ministri, che dovrà poi essere votato a maggioranza assoluta da entrambe le Camere, dopo di cui inizierà il vero e proprio trasferimento di competenze (con relative risorse economiche) alle Regioni che le hanno chieste.
Visibile il disagio di Zaia che solo per buona creanza non è sbroccato in giudizi più pesanti verso l’alleato di governo nazionale. Ma prima della celebrazione in una manifestazione politica della Lega non l’ha mandata a dire: «fosse anche l’ultima battaglia che faccio, quella dell’autonomia la voglio fare fino in fondo. Su questo ci giochiamo tutto e credo che su questa partita il governo si giochi il futuro. Portare avanti un governo dicendo di “No” alla Lombardia e al Veneto vuol dire disattendere l’impegno che ci si è presi con un terzo degli italiani, quasi venti milioni di cittadini su 60». Zaia rincara la dose: «noi abbiamo rispettato la legge, in 25 anni abbiamo tentato tre volte di fare il referendum per l’autonomia e per due volte la Corte Costituzionale ce lo ha bocciato, la terza volta abbiamo vinto la causa a livello di Corte Costituzionale nonostante l’impugnativa del governo Renzi. Abbiamo fatto tutto quello che dovevamo fare, oggi ci meritiamo l’autonomia. Noi non stiamo minacciando nessuno, però se rispetti il popolo dai l’autonomia, se non lo rispetti non la dai». Già, quel rispetto della volontà popolare cui si rifanno anche i grillini di lotta e di governo, ma evidentemente buona soo per i loro elettori, non per gli altri che, secondo molte prese di posizione da parte degli intellettuali del Sud, devono continuare ad essere munti.
A dare filo da torcere al ministro leghista Stefani un altro ministro, quello per il Sud, la pentastellata Barbara Lezzi, che non ha mai fatto mistero di garantire poco o nulla il percorso autonomistico delle regioni del Nord Italia. Lo stesso sottosegretario della Stefani, Stefano Buffagni, non fa che frenare il progetto autonomistico, nonostante sia uno dei capisaldi del contratto di governo Lega-Cinque stelle. Sarebbe ora di stanare i pentastellati e vedere se oltre ad incassare i provvedimenti a loro cari (dal reddito di cittadinanza al decreto dignità) sanno veramente stare ai patti, oppure no.
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