Oltre 4 pacchi di zucchero su 5 arrivano dall’estero mentre la produzione italiana, già in profonda crisi, rischia di essere azzeratadalla concorrenza sottocosto di multinazionali francesi e tedesche che hanno colonizzato le industrie del Belpaese. E’ quanto emerge da un’analisi di Coldiretti sulla situazione del mercato dello zucchero dopo la contrarietà espressa dalla CommissioneEuropea alle misure di emergenza per salvare lo zucchero italiano chieste dal ministro delle Politiche agricole, Gian Marco Centinaio, al Consiglio dei ministri dell’agricoltura e della pesca dell’UE.
Lo zucchero – sottolinea la Coldiretti – è un ingrediente di base per la quasi totalità dei prodotti alimentari italiani con l’80% dei circa 600.000 prodotti alimentari realizzati a livello industriale, disponibili presso la grande distribuzione, contiene zucchero. A fronte di un consumo di oltre 1,7 milioni di tonnellate, in Italia resiste una produzione di 300.000 tonnellate, ma negli ultimi anni sono stati chiusiben 16 zuccherifici su 19, azzerando l’84% del potenziale industriale nazionale ed entro il 2018 un altro stabilimento dovrebbe cessare l’attività.
In Italia la maggior parte del mercato è controllata da tre giganti stranieri, il primo dei quali è la multinazionale tedesca Sudzuckerche vanta 31 siti (dall’Austria alla Romania, dalla Bosnia Erzegovina alla Moldavia, dalla Polonia all’Ungheria) e trasforma 5,9 milioni tonnellate di zucchero ogni anno, ma produce anche carburante bioetanolo, concentrati di succhi di frutta, ingredienti funzionali e cibo per animali, oltre a operare nel settore farmaceutico e sfornare pizze congelate.
Il secondo padrone dello zucchero in Italia è la francese Cristal Union che con 10 stabilimenti nel mondo sforna 2 milioni di tonnellate all’anno di prodotto e ha messo sotto il proprio dominio anche l’italiana Eridania. Sempre d’Oltralpe – rileva la Coldiretti – è arrivata la multinazionale Tereos che vanta 45 siti industriali in 13 paesi, è il primo produttore francese con 3,7 milioni di tonnellate e vanta un giro d’affari di 5 miliardi di euro. Si è così creata una situazione dove il mercato è in mano a 5 grandi realtà del Nord Europa che già oggi detengono il 75% del comparto nel Vecchio Continente con zucchero venduto a prezzi molto bassi da Francia e Germania che hanno aumentato del 20% la loro produzione nel 2017, causando 3,5 milioni di tonnellate di eccedenze a livello europeo.
Alla luce di quanto sta avvenendo – sottolinea la Coldiretti – l’Italia rischia di perdere del tutto la propria sovranità sul fronte dello zucchero, con l’ultimo bastione di difesa la cooperativa tricolore Coprob-ItaliaZuccheri, che rappresenta circa 25.000 persone impegnate nella filiera, ha due stabilimenti di trasformazione sul territorio nazionale e riunisce 7.000 aziende con 32.000 ettari coltivati a barbabietola fra Veneto ed Emilia Romagna. Senza di loro, l’Italia, che è il terzo mercato dell’Unione Europea, diventerebbe uno dei pochissimi casi al mondo senza alcun produttore locale di zucchero come Nigeria, Malesia, Corea del Sud e Arabia Saudita, considerando un consumo medio annuo sopra il milione e mezzo di tonnellate. Ad un anno dalla fine del regime delle quote si registra come le aziende produttrici di zucchero e conseguentemente gli agricoltori della filiera abbiano totalmente perso i loro margini a favore dei grandi produttori di bevande, dolciari e della GDO.
Per difendere la produzione italiana – afferma Coldiretti – è necessario arrivare a una chiara etichettatura di origine obbligatoriaanche per lo zucchero in modo da offrire ai consumatori la libertà di scegliere cosa mettere nel carrello della spesa. Urge ancor più la creazione di contratti di filiera basati su una maggiore equità e sostenibilità sociale con i grandi utilizzatori dello zucchero ai quali si chiede una responsabilizzazione per sostenere l’italianità delle produzioni e ridurre la dipendenza dall’estero. La produzione di zucchero 100% italiano è una priorità strategica per sventare incrementi ingiustificati dei prezzi a causa di un sempre maggiore oligopolio straniero, per evitare rischi di carenze di scorte del prodotto per l’industria agroalimentare italiana considerato che a livello internazionale il consumo è previsto in aumento a tassi compresi tra il 2% e il 3% all’anno per i prossimi 10 anni e permette di conservare la quota di Pil generato dalla filiera evitandone trasferimento a favore di altri Paesi in un momento storico in cui l’Italia ha necessità di ricorrere a tutte le proprie risorse per ricominciare a correre sulla strada dello sviluppo economico.
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