Mancata privatizzazione Alitalia: Onlit lancia un referendum per la vendita definitiva dell’azienda

Balotta: «la proposta di Di Maio per erogare ancora aiuti di Stato è degna della Prima Repubblica che tanto aborrisce».

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Sulla neo statalizzazione di Alitalia lanciata dal vicepremier Luigi Di Maio nell’ambito della “salvimaionomics” interviene l’Osservatorio dei trasporti Onlit: «vogliamo sapere il parere dei cittadini italiani – dice il presidente Dario Balotta -. Per questo l’ONLIT intende promuovere un referendum nazionale consultivo».

Il motivo della richiesta di consultazione popolare è semplice: «siamo stufi di buttare soldi pubblici (per Mediobanca si tratta di 7,5 miliardi di euro fino al 2014) in un pozzo senza fondo – sostiene Balotta -. Il tormentone di Alitalia dura da oltre 20 anni tra aiuti di Stato, finte privatizzazioni, continue perdite di mercato e una cassa integrazione (di lusso) a vita per migliaia di dipendenti. La continua farsa rischia di diventare tragedia per le malandate casse pubbliche».

Secondo l’Onlit «ancora una volta la politica non ha il coraggio di prendere l’unica decisione possibile: vendere. La gestione della finta vendita di Alitalia del passato Governo trova la sua prevedibile conclusione nella statalizzazione dell’azienda, così non dovrà più rendere il prestito di 900 milioni che diventa un aiuto di Stato. Aiuto di Stato che porterà l’Italia ad un altro scontro con la UE».

L’annuncio del vicepremier Luigi Di Maio di nuove risorse pubbliche da immettere nella vecchia e decotta compagnia nazionale, «cioè in un pozzo senza fondo che ha alimentato consociativismo e protezionismo in questi anni, fa a pugni con la grave situazione economica che il Paese sta attraversando – prosegue Balotta -. Le risorse reperite per l’ingresso del ministero dell’Economia che si aggiunge a Poste Italiane già presente nell’azionariato del vettore, sarebbero invece da utilizzare per il trasporto pubblico, visto che quello italiano è il peggior servizio di trasporti d’Europa, oppure per rimpinguare gli scarsi fondi per Genova».

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