In Friuli Venezia Giulia concentrazione radon tra più alte in Italia

Si tratta di un gas naturale inodore e incolore che penetra dal terreno o dai materiali da costruzione che, in caso di elevate concentrazioni, è la seconda causa di tumore dopo il fumo di sigaretta.

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Sono stati presentati al teatro Modena di Palmanova i primi risultati del “Progetto radon, misure per 1.000 famiglie”, avviato dall’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente (Arpa) a inizio ottobre 2017. L’indagine sul radon ha confermato quanto già rilevato in precedenti indagini territoriali, ossia che il Friuli Venezia Giulia è una delle regioni italiane con le più elevate concentrazionimedie di questo gas naturale.

Un problema spesso sottovalutato, sottolinea Arpa, visto che una recente indagine ha rilevato che solo il 24% della popolazioneregionale sa che il radon è la seconda causa di tumore al polmone dopo la sigaretta. La campagna di monitoraggio Arpa ha consentito di misurare il radon in 1.775 abitazioni delle famiglie della regione, stimando una concentrazione media annuale di 153 Bequerel al metro cubo (Bq/m3), valore piuttosto elevato ma comunque atteso e in linea con i risultati delle precedenti campagne Arpa. Il 12% delle abitazioni monitorate presenta una concentrazione di radon superiore al limite di attenzione di 300 Bq/m3 previsto dalla direttiva comunitaria. In tutti questi casi i tecnici hanno fornito informazioni e assistenza sulle tecniche di rimedio che, nella maggior parte dei casi, richiedono interventi di facile realizzazione e di costo contenuto.

Progetto radon ha avuto inizio nell’ottobre 2017 con l’organizzazione di 6 incontri pubblici, nei quali sono stati consegnati 1.775 rilevatori di gas radon (dosimetri) ad altrettante famiglie. Dopo cinque mesi di esposizione (marzo 2018) i dosimetri sono stati riconsegnati e sottoposti ad analisi nel laboratorio di radioprotezione di Arpa, che entro maggio ha inviato a tutte le famiglie i certificati d’analisi. Per Arpa, il fatto che a pochi mesi dalla consegna dei risultati oltre il 40% delle famiglie con presenza di radon oltrei limiti abbia chiesto un sopralluogo dei tecnici di Arpa, è segno della validità del progetto, pensato soprattutto al fine di sensibilizzare la popolazione, le amministrazioni locali e i professionisti verso un problema serio dal punto di vista sanitario, favorendo l’adozione di idonee misure di risanamento.radon

I principali risultati dell’indagine sono stati presentati dai tecnici Arpa del Centro regionale di radioprotezione, che hanno evidenziato in primo luogo come la risposta delle famiglie all’iniziativa sia stata molto positiva; buona anche la distribuzione delle abitazioni su base geografica in rapporto alla popolazione residente, ad esclusione della zona montana.

L’analisi dei dati evidenzia che la concentrazione del radon rispecchia sostanzialmente quella già rilevata in precedenti indagini, confermando quindi che le zone a maggior concentrazione sono quelle con suoli molto permeabili dell’alta pianura friulana, delle vallate montane e del Carso triestino e goriziano. L’indagine Arpa ha consentito di valutare la concentrazione di radon in base ad alcuni parametri edilizi. Una prima evidenza è che il radon è più elevato nei locali in prossimità del suolo o sottoterra, nelle abitazioni con muratura in pietra, in locali privi di intercapedine (vespaio areato) con il suolo.

Anche la data di costruzione o di esecuzione degli interventi di impermeabilizzazione/isolamento, o il rifacimento del contatto con il suolo, influisce sulla presenza del gas. Complessivamente l’indagine Arpa rileva che gli edifici più vecchi presentano una concentrazione maggiore di radon, segno evidente del miglioramento delle tecniche edilizie. All’opposto, un aumento del radon è osservato anche in costruzioni dove sono stati effettuati interventi di impermeabilizzazione o di isolamento, o il rifacimento del contatto con il suolo. Questi ultimi dati, sebbene siano da confermare con una maggior casistica, sono molto interessanti in quanto offrono spunti di riflessione sulle attuali tecniche di isolamento e impermeabilizzazione degli edifici, che dovranno essere rimodulate, al fine di evitare l’accumulo del gas all’interno dei locali di abitazione. In questo contesto, una delle probabili cause di emissione del radonpotrebbe venire dall’acqua potabile emunta da falde che attraversano terreni ricchi di radon che poi viene rilasciato quando si aprono i rubinetti e si lascia scorrere l’acqua, specie durante le docce, oppure dai materiali da costruzione, in particolare i pannelli di cartongesso realizzati con gesso di origine non minerale, come i fosfogessi.

Comunque sia, limitare la presenza di radon all’intero degli ambienti chiusi è facile e relativamente poco costoso. Si può farlo attraverso un incremento della ventilazione tramite l’applicazione di un sistema di ricambio automatico con recupero di calore, oppure con drenaggi aerei infissi nel suolo, oppure rivestendo le pareti dell’edificio con pitture a base cementizia ad alta penetrazione che realizzano una sorta di barriera fisica.

Arpa ricorda che l’argomento radon verrà affrontato in un incontro programmato sempre a Palmanova il prossimo 29 novembre, nel quale verranno presentati ulteriori dati di dettaglio sulla concentrazione del radon negli edifici.

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