La rete di punti vendita del canale specializzato in prodotti bio ha raggiunto, nel 2017, quota 1.437 di negozi bio (+13% rispetto al 2013 e +111% rispetto al 1993 – fonte: BioBank); oltre la metà (60%) ha sede nel Nord Italia, il 23% nel Centro e la restante parte nel Sud. Il 45% dei negozi ha aperto solo nell’ultimo decennio (la quota di aperture antecedenti al 1997 è pari al 28%). Il 27% dei punti vendita dedicati al bio aderisce ad un’insegna, a questa quota va aggiunto una rilevante componente di negozi affiliati con contratti di tipo commerciale (oltre il 30% del totale). Sono i dati raccolti dall’Osservatorio Sana 2018 – realizzato da Nomisma con il patrocinio di Federbio ed Assobio – che propone per il 2018 un approfondimento sul canale specializzato, grazie alla realizzazione di un’indagine dedicata ai punti vendita specializzati in prodotti bio. L’indagine Nomisma ha visto la partecipazione di 200 punti vendita specializzati.
La ricerca ha evidenziato che la maggior parte dei negozi bio propone in assortimento anche il non-alimentare: tra gli scaffali del canale specializzato è possibile acquistare prodotti naturali e con certificazione bio per l’igiene della persona (81% dei negozi propone questa categoria in assortimento), cosmetici (76%), prodotti erboristici (63%); anche i prodotti per igiene e cura della casa hanno una buona “copertura”, tanto che sono proposti dal 73% dei punti vendita.
Il motivo principale che spinge ad aprire un punto vendita di prodotti alimentari biologici è offrire prodotti salutari (indicato dal 51% dei negozi), il 38% è motivato dallo scopo di offrire una scelta etica, mentre solo l’8% indica come primo motivo la crescente domanda dei consumatori.
In Italia, il canale specializzato bio (relativo alla categoria cibo e bevande) ha realizzato nel 2017 vendite per 865 milioni di euro, segnando per la prima volta una battuta d’arresto (-3% rispetto al 2016). Frenata riconducibile per lo più al rafforzamento della grande distribuzione nel segmento bio. Negli ultimi 15 anni si è registrato infatti un forte ampliamento degli assortimenti bio (+330% il numero delle referenze proposte), con grande capacità di innovazione nei prodotti a marca del distributore (nella Top15 dei prodotti bio più venduti nella grande distribuzione ci sono ben 7 prodotti in private label).
A soffrire maggiormente sono le vendite di prodotti confezionati (-3,6% rispetto al 2016), mentre la categoria fresco e freschissimo (-1,8%) mostra maggiori capacità di tenuta, rappresentando inoltre un’ancora importante per i punti vendita del canale (34% del giro d’affari si riferisce al mondo del fresco, con una pressione promozionale pari al 19% a fronte di una quota di vendite in promo pari al 32% registrata per la categoria dei prodotti confezionati).
La lettura dei trend delle vendite ha differenti dinamiche anche per tipologia di negozio: sono gli indipendenti a mostrare una frenata più brusca nelle vendite (-4,4% rispetto al 2016) rispetto a quanto registrato tra i negozi appartenenti a catene o affiliati (-2,7%). Il rallentamento delle vendite bio del canale specializzato per area geografica mostra una frenata più forte al Centro (-4,4% la flessione del giro d’affari) e meno intenso al Nord (-2,5% sul totale, -0,2% nel fresco) e al Sud (-1,9% sul totale, -2,3 nel confezionato). A soffrire sono soprattutto le piccole superfici (fino a 70 mq) dove le vendite calano del -3,9% a fronte di una variazione del -2,9% nei punti vendita di oltre 150 metri quadri. Nonostante questo scenario, il canale specializzato interpreta comunque un ruolo di primo piano e rappresenta una rete fondamentale per gli acquisti del consumatore, tanto che rappresenta ancora oggi un quarto degli acquisti bio degli italiani.
Per quanto riguarda l’assortimento, un punto vendita specializzato propone complessivamente 2.000 referenze, di cui il 79% rappresentate dai prodotti F&B confezionati (la quota sale all’84% tra i negozi indipendenti). Tra i punti vendita che aderiscono ad un’insegna, inoltre, il 48% delle referenze è a marchio della catena, il 43% a marchio del produttore e la restante quota (9%) è relativa ai prodotti sfusi/senza marchio.
Nella definizione dell’assortimento bio del punto vendita conta soprattutto la possibilità di proporre referenze e brand distintivi rispetto a quanto già presente in Gdo (primo criterio indicato dal 34% dei negozi) e l’inserimento di novità in grado di catturare l’attenzione nel consumatore (24%). Tra gli altri criteri, la possibilità di offrire referenze con packaging sostenibile, una grande profondità grazie molte linee di prodotto (6% in entrambi i casi); referenze con differenti posizionamenti di prezzo (5%).
Tra gli elementi chiave che contribuiscono al successo di un prodotto alimentare biologico spicca il confezionamentobiodegradabile / compostabile / riciclabile (indicato come prima risposta dal 40% dei punti vendita); seguono l’imballaggio ridotto (21%), la presenza di colori che richiamano la natura (14%) e claim/slogan “salutistici” in etichetta (13%).
I prodotti per cui negli ultimi 2-3 anni i punti vendita hanno incrementato maggiormente il numero di referenze in assortimento appartengono alla macro-categoria pasta, riso, farine, prodotti da forno (indicata dal 77% dei negozi), seguono frutta e verdura (45%) e latte e derivati (33%).
Quali caratteristiche garantiscono il successo di una referenza bio presso il consumatore? Secondo il giudizio dei titolari del canale specializzato, sono la forte presenza di proprietà benefiche per la salute (34%), la qualità organolettica (15%) e l’origine – intesa come provenienza da una specifica regione/territorio di produzione (11%) a conferire popolarità di un prodotto.
Ci sono inoltre alcuni valori aggiuntivi – oltre alle garanzie offerte dal marchio biologico – che contribuiscono a “muovere” le vendite nel canale specializzato: al primo posto c’è il “vegan” (indicato dal 36% dei punti vendita), seguito dal “vegetariano” (19%), da cibi che garantiscono esplicitamente benefici per la salute (12%) e dai superfood (12%).
I negozi specializzati bio selezionano i fornitori principalmente in base alla qualità dei prodotti (per il 38% dei punti vendita questo è il primo criterio di scelta per l’approvvigionamento) e all’affidabilità (18%). Per il 14% dei negozi bio il primo requisito è che il fornitore sia un produttore locale, mentre il 10% sceglie da chi rifornirsi in base alle certificazioni etiche e l’8% in base al prezzo. Marginali invece la capacità del fornitore di offrire grande ampiezza di gamma (5%) o un rapporto contrattuale di esclusiva (3%). Sul fronte delle criticità, gli aspetti più complessi della relazione con i fornitori riguardano soprattutto la gestione delle consegne e le soglie minime di ordine (47%).
I punti vendita specializzati in prodotti biologici offrono alla clientela un’ampia gamma di servizi aggiuntivi: tra i servizi ritenuti più importanti per il successo dell’attività si annoverano la presenza di addetti esperti e formati sulla materia, l’ambiente invitante, l’organizzazione di eventi speciali per i clienti e le carte fedeltà. Questi ultimi, oltre ad essere i servizi ritenuti più importanti, sono anche quelli attualmente più diffusi all’interno dei punti vendita. Meno presenti sono invece le casse self-service, il click&collect all’interno del sito e gli acquisti online.
L’indagine Nomisma ha permesso di individuare anche la clientela-tipo dei punti vendita specializzati. L’identikit predominante è quello di una donna (nel 79% dei punti vendita la clientela è soprattutto femminile), tra i 35 e i 45 anni (50%), con figli di meno di 12 anni (43%) e reddito medio-alto (78%). Non solo caratteristiche socio-demografiche definiscono il profilo dell’utente dei negozi specializzati, ma anche comportamenti ed interesse verso il bio: il cliente servito è infatti uno heavy user bio (con un ruolo della spesa bio significativa – compresa tra l’80% e il 100% della sua spesa alimentare), sceglie soprattutto prodotti in base al suo stile (secondo la metà dei negozi il consumatore tipo non sceglie in base a promozioni o brand ma a seconda dello stile veg/light/free from ecc.) e, soprattutto, è fedele al suo punto di vendita, ossia frequenta almeno una volta a settimana il negozio.
Il principale punto di forza del canale specializzato rispetto alla Gdo è la possibilità e la capacità relazionale tra personale addetto alla vendita e clientela: il 38% dei punti vendita indica il consiglio del negoziante come fondamentale elemento distintivo rispetto alla grande distribuzione. Lo specializzato riconosce inoltre una qualità dei prodotti in generale più elevata rispetto a quanto disponibile nella distribuzione moderna (30%) e una maggiore profondità dell’assortimento (29%), con particolare riferimento al fresco, al freschissimo e al non food, oltre alla maggior capacità di proporre differenti posizionamenti di prezzo.
E proprio la concorrenza con la gdo è percepito come principale ostacolo che oggi i negozi specializzati in prodotti bio riscontrano nello svolgimento dell’attività (lo evidenzia il 54% dei punti di vendita). La seconda sfida (12% delle citazioni) da affrontare è rappresentata dall’ingresso nel mondo del bio di big brand dell’alimentare(Rana, Barilla ecc..).
Per affrontare la concorrenza della gdo, i negozi specializzati attivano nuove strategie, evitando la sovrapposizione degli assortimenti presenti in iper e supermercati (il 39% indica questa strategia come vincente). Secondo una quota altrettanto rilevante (34%) lo specializzato dovrebbe migliorare la customer experience, attraverso la creazione di punti vendita innovativi, che coinvolgano maggiormente il cliente, oppure attraverso la personalizzazione di servizi/prodotti/promozioni, corsi ed eventi dedicati.
Per cercare di riconquistare quote di mercato perdute in questi ultimi anni, i negozi esprimono la necessità di effettuare investimenti (anche se un quarto è contrario a questa linea di azione). In particolare, i social network sembrano rappresentare la via più adatta per aumentare la riconoscibilità (per il 36% dei negozi).
Se un negozio su quattro ritiene di non dover investire nei prossimi anni per combattere la concorrenza degli altri canali, è anche perché la maggioranza di essi (57% dei punti di vendita) ritiene di essere già “fortemente innovativo”.
Aldilà delle iniziative e degli investimenti a carico dei punti vendita intervistati, vi sono alcune attività “istituzionali” che questi ritengono molto utili allo sviluppo del comparto biologico in generale. Innanzitutto, le campagne di educazione alimentare: potrebbero rappresentare un vantaggio per il settore secondo 9 negozi su 10. Segue la necessità di intensificare i controlli sul biologico (74%), l’utilità di organizzare iniziative (corsi, conferenze …) per gli operatori (64%). Secondo il 59%, inoltre, le istituzioni dovrebbero puntare di più sulle campagne promo-pubblicitarie a favore del bio.