L’indagine condotta dal Centro studi CNA su “Sistemi locali del lavoro 2018 – Occupazioni e specializzazioni produttive”, realizzato sulla scorta dei dati Istat ha evidenziato come a “tirare” la crescita occupazionale siano in particolare i distretti, specie quelli specializzati nel prodotto italiano.
L’analisi è stata condotta sui 611 Sistemi locali del lavoro italiani, che l’Istat divide in due macro-categorie basate sul modello produttivo prevalente e quattro classi. Per quanto riguarda le macro-categorie 141 sono i distretti, caratterizzati dalla presenza di piccole e medie imprese manifatturiere, e 470 i “non distretti”. “Made in Italy”, Sistemi della manifattura pesante, Sistemi non manifatturieri e Sistemi senza specializzazione sono le classi che raccolgono 17 categorie produttive.
Nel 2017, dopo tre anni di crescita ininterrotta dell’occupazione, il totale degli occupati è tornato a essere quello pre-crisi del 2008: poco più di 23 milioni complessivi. E il 44,2% ha toccato il tasso di occupazione, vale a dire il rapporto tra occupati e popolazione con età superiore ai 15 anni.
Valori più elevati del livello medio di occupazione si registrano nei Sistemi locali del “Made in Italy” (46,5% con il 27,1% degli occupati totali) e nei Sistemi urbani ad alta specializzazione: 49,2% con il 16,7% degli occupati complessivi. Tra le specializzazioni produttive i tassi di occupazione più elevati si rilevano nei Sistemi locali “gioielli, occhiali e strumenti musicali” (50,5%), “fabbricazione di macchine” (49,8%), “legno e mobili” (48,2%). La concentrazione di tali sistemi soprattutto nel Centro-Nord ha, però, favorito questi territori, accrescendone occupazione e redditi. Nelle regioni del Sud e nelle Isole maggiori sono presenti, invece, quasi esclusivamente Sistemi non specializzati, tranne quelli dove sono localizzate grandi industrie automobilistiche e petrolchimiche. Autentici picchi nell’aumento degli addetti sono stati raggiunti nei Sistemi locali caratterizzati da micro, piccole e medie imprese del “tessile e abbigliamento” (Casarano), “pelli e cuoio” (Minervino Murge), “agroalimentare”.
In media l’occupazione è cresciuta in tutti i Sistemi locali del “Made in Italy”: “tessile e abbigliamento”, “pelli e cuoio”, “fabbricazione di macchine, legno e mobili”, “agroalimentare”, “gioielli, occhiali e strumenti musicali”. La specializzazione in produzioni tipiche del “Made in Italy”, però, da sola non è stata garanzia di successo. Incrementi sono stati registrati in Lombardia, Toscana, Emilia Romagna, Veneto, Puglia e Basilicata. Piemonte, Umbria e Marche sono andate, invece, in controtendenza.
Dall’indagine – commenta il Centro studi CNA – emerge l’importanza delle specializzazioni produttive e, di conseguenza, la necessità di investire in competenze, ricerca e sviluppo. Un obiettivo che il legislatore deve perseguire attraverso linee di intervento caratterizzate da una forte declinazione territoriale. Mirate da un lato a mitigare il fenomeno di concentrazione dell’economia, anche per garantire una maggiore coesione territoriale e sociale, dall’altro a incrementare la competitività e l’attrattività delle zone.