I vertici dell’esercito del Myanmar (ex Birmania) devono essere processati per genocidio e crimini di guerra contro la minoranza musulmana dei Rohingya, denuncia il rapporto della missione del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, creata nel marzo 2017.
A un anno dalle agghiaccianti immagini di donne, bambini e vecchi derelitti in fuga dalle violenze dei soldati e dei nazionalisti buddisti, l’Onu non solo ritiene che ci siano prove per dimostrare che i militari hanno deportato civili inermi, ma abbiano pianificato e perpetrato un genocidio per questioni etnico-religiose. Una infamante accusa di crimini di guerra, commessi peraltro sotto gli occhi di Aung San Suu Kyi, premio Nobel per la Pace e fino a 8 anni fa leader della resistenza birmana dalla casa-prigione dove era stata confinata per 15 anni, su ordine della giunta militare allora al governo del Paese.
La richiesta dell’Onu ha dato l’occasione a Coldiretti per ribadire il blocco delle importazioni comunitarie di riso a condizioni agevolate dal Myanmar che sono aumentare del 66%, tra settembre 2017 e luglio 2018, «raccolto anche sui campi della minoranza Rohingya costretta ad abbandonarli a causa della violenta repressione da parte del governo».
Nonostante l’accusa di genocidio, continua Coldiretti, «la Birmania gode tuttora da parte dell’Unione europea del sistema tariffario agevolato a dazio zero per i Paesi che operano in regime Eba (tutto tranne le armi). Il risultato è che la Nazione si colloca tra i principali fornitori asiatici di riso all’Italia insieme a India, Pakistan, Thailandia e Cambogia».
«Non è accettabile che l’Unione europea continui a favorire con le importazioni la violazione dei diritti umani nell’indifferenza generale – sottolinea il presidente di Coldiretti, Roberto Moncalvo -. E’ necessario che tutti i prodotti che entrano nei confini nazionali ed europei rispettino gli stessi criteri a tutela della dignità dei lavoratori, garantendo che dietro gli alimenti, italiani e stranieri in vendita sugli scaffali ci sia un percorso di qualità che riguarda l’ambiente, la salute e il lavoro, con una giusta distribuzione del valore a sostegno di un vero commercio equo e solidale».