Secondo l’Associazione degli Artigiani di Mestre, negli ultimi 10 anni il numero delle denunce per estorsione è aumentato del 77,2%. Un vero e proprio boom. Se in termini assoluti nel 2006 c’erano state 5.400 segnalazioni alle forze dell’ordine, nel 2016 (ultimo anno in cui sono disponibili i dati) hanno raggiunto quota 9.568. Soglia, quest’ultima, comunque in diminuzione di 2,7 punti percentuali rispetto al risultato registrato nel 2015.
«Le estorsioni – afferma il coordinatore dell’Ufficio studi Cgia, Paolo Zabeo – sono reati spesso compiuti dalle organizzazioni di stampo mafioso nei confronti degli imprenditori. Oltre ad acquisire illecitamente del denaro attraverso soprusi, ritorsioni o minacce, l’obbiettivo di questi malavitosi è di esercitare un forte controllo del territorio. Il deciso aumento delle denunce, comunque, presenta diverse chiavi di lettura. Una di queste è ascrivibile anche alla ritrovata fiducia delle vittime nei confronti delle forze dell’ordine. In particolar modo al Nord, dove solo da qualche decennio il tessuto produttivo di quest’area ha cominciato a conoscere questo fenomeno criminale».
Secondo i dati di Transcrime (Centro di ricerca dell’Università Cattolica di Milano), si stima che il fatturato complessivo dell’estorsione organizzata in Italia oscilli tra i 2,7 e i 7,7 miliardi di euro l’anno. A livello regionale il trend di crescita delle denunce registrato tra il 2010 e il 2016 ha interessato soprattutto le regioni del NordEst: ad eccezione della Valle d’Aosta (+533,3%), nel Trentino Alto Adige (+188%) e in Emilia Romagna (+179,7%) si sono verificate le variazioni più importanti.
Pur essendo decisamente più contenute (nel 2016 le segnalazioni a livello nazionale sono state 408), non va nemmeno sottovalutato il fenomeno dell’usura. Come per le estorsioni, anche i dati regionali sulle denunce per usura vedono il NordEst, e in particolar modo l’Emilia Romagna, tra le realtà più colpite: tra il 2010 e il 2016 la variazione percentuale della regione guidata dal presidente Dem Stefano Bonaccini è salita di oltre 266 punti. Seguono la Calabria (+100%) e le Marche (+85,7%).
Una delle cause che probabilmente ha spinto molti piccoli commercianti e artigiani tra le braccia degli usurai è il perdurare della riduzione del credito praticato dalle banche agli imprenditori. Rispetto alla fine del mese di giugno del 2011, nello stesso mese di quest’anno l’importo complessivo dei prestiti bancari alle imprese è stato inferiore di quasi 217 miliardi di euro. Le sofferenze in capo alle imprese sono ancora elevate (101 miliardi di euro a fine giugno 2018), nonostante nell’ultimo anno si sia registrata una vendita massiccia di crediti problematici (quasi 56 miliardi di euro di cartolarizzazioni e cessioni relativi alle società non finanziarie) che sono usciti così dai bilanci bancari, scomparendo dalle statistiche delle sofferenze e dei prestiti.
Negli ultimi mesi, secondo quanto indicato dalla Banca d’Italia il 9 agosto 2018, la situazione creditizia sarebbe tuttavia migliorata: nello scorso mese di giugno l’ammontare dei prestiti alle società non finanziarie (imprese con più di 5 addetti) è cresciuta dello 0,6% (il dato tiene conto delle cartolarizzazioni e degli altri crediti ceduti/cancellati dai bilanci bancari ed è costruito sulla base di tassi di variazione sui 12 mesi precedenti).
Rimane tuttavia evidente come rispetto a prima della seconda ondata di crisi economica (iniziata nell’autunno del 2011), il credito disponibile per le imprese risulta, a fine giugno 2018, più basso di almeno il 20%. E volgendo lo sguardo ai prestiti vivi, ovvero ai crediti in bonis (prestiti al netto delle sofferenze), tra fine giugno 2011 e fine giugno 2018 si contano quasi 245 miliardi di euro in meno. E laddove il credito viene meno è sempre in agguato l’usura.