Riforma codice degli appalti, la Cna lancia l’allarme

Vaccarino: «la riforma sta mettendo fuori mercato le piccole imprese. Governo e Parlamento intervengano con rapidità». 

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edilizia in Veneto superbonus Riforma codice degli appalti

La riforma codice degli appalti varata dal governo Gentiloni contiene numerose problematicità, alcune delle quali colpiscono direttamente le piccole imprese, mandandole di fatto fuori mercato. Cosa che ha indotto la Cna a chiedere al nuovo governo Conte d’intervenire per sanare le storture più evidenti.

«La riforma degli appalti non ha aperto il mercato pubblico alle piccole imprese, anzi lo ha ulteriormente ristretto, in contrasto con le richieste arrivate anche dall’Unione europea – afferma il presidente della Cna, Daniele Vaccarino, in una nota -. E’ inutile ricorrere a giri di parole: le piccole imprese rimangono regolarmente a bocca asciutta perché i lotti messi a gara sono quasi sempre fuori dalla loro portata, di taglia troppo grossa per le loro possibilità. E se il numero di stazioni appaltanti va ridotto, questa misura dev’essere integrata con strumenti che permettano alle piccole imprese di un territorio di partecipare alle gare indette nella loro area. Chiediamo al Governo e al Parlamento, quindi, di intervenire con rapidità per porre rimedio a una situazione che sta mettendo fuori mercato le piccole imprese».

«Un nostro studio realizzato a due anni dalla riforma del Codice degli appalti – sottolinea la nota della Confederazione – rileva un aumento significativo del mercato degli appalti, cresciuto del 36,2% tra il 2016 e il 2017. Ma, nel contempo, anche un sensibile incremento dell’importo del lotto medio, salito abbondantemente sopra il milione. Anche se il nuovo Codice incoraggia le stazioni appaltanti a suddividere in lotti i grandi appalti, in modo che l’entità dei singoli contratti corrisponda meglio alle capacità dell’impresa tipo italiana. Tra i requisiti per la partecipazione a un appalto, infatti, rientra anche il fatturato. Di solito viene richiesto il doppio del valore dell’appalto. Vale a dire, in media, due milioni e più. Un requisito – conclude Vaccarino – che oltre il 95% delle nostre imprese non possiede».