Pandoro Melegatti scatta la nuova gara indetta dal Tribunale

Base d'asta di 13,5 mln (4,5 mln in meno) e mani libere coi licenziamenti. 

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pandoro melegatti

Nuova gara per il pandoro Melegatti. E’ stato pubblicato il secondo bando per la vendita all’asta della storica azienda che nel 1894 brevettò il dolce natalizio, dichiarata fallita il 29 maggio scorso. Il prezzo base scende a 13,5 milioni di euro (dai 18 milioni iniziali) e il termine per presentare le offerte è fissato alle ore 12 del 17 settembre. Il primo bando, di fine giugno, era andato deserto.

Anche in questo caso, il giudice delegato del Tribunale di Verona, Pier Paolo Lanni, ha autorizzato la vendita in un unico blocco dello stabilimento Melegatti di San Giovanni Lupatoto, dove si producono dolci da ricorrenza, e di quello di Nuova Marelli a San Martino Buon Albergo, destinato ai dolci continuativi.

Oltre al ribasso della base d’asta, l’avviso prevede novità per i dipendenti. Prima dello scadere del termine per la presentazione delle offerte, saranno avviate le procedure di licenziamento collettivo dei 50 lavoratori coperti da Cigs fino al 20 dicembre. Chi rileverà le aziende, si legge, avrà facoltà «di subentrare in tutto o in parte nei rapporti di lavoro in essere alla data di cessione, previa stipula di apposito accordo sindacale». Il primo bando imponeva all’acquirente di farsi carico di tutti i rapporti di lavoro. Fra dipendenti e stagionali, l’azienda dava lavoro a circa 350 persone.

Diversi sono i soggetti che, nei mesi scorsi, si erano fatti avanti per acquisire lo storico marchio veronese: dal fondo maltese Abalone alla trevigiana Hausbrandt, dal fondo americano De Shaw&Co all’imprenditore bresciano Franco Ghirardini, attivo nel settore alimentare attraverso l’omonimo Gruppo. Nessuna manifestazione di interesse è però andata a buon fine.

«Purtroppo dopo il passaggio del 29 maggio siamo in una fase diversa – ha spiegato l’assessore al lavoro del Veneto, Elena Donazzan – prima, con il concordato in continuità, prevaleva il progetto industriale, mentre ora – purtroppo – prevale l’aspetto finanziario per la soddisfazione dei creditori». A essersi sfilato dalla partita proprio per le mutate condizioni, è l’imprenditore veneto Fabrizio Zanetti, che guida Hausbrandt Trieste 1892.

Con lo “sconto” di 4,5 milioni sulla base d’asta iniziale e le “mani libere” sui dipendenti, si apre ora una nuova fase. Altri soggetti, finora rimasti alla finestra, potrebbero farsi avanti e presentare un’offerta per un marchio e un prodotto che hanno ancora un ampio spazio commerciale.