Confindustria Trento: tra ideologie e sviluppo economico

Gli industriali del Trentino allarmati per la pochezza dell’esecutivo nazionale e per i suoi continui traccheggiamenti. Allarme per la politica locale, L’editoriale del presidente di Confindustria Trento, Enrico Zobele, sul periodico di categoria.  Di Enrico Zobele

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Al centro del dibattito nazionale sono tornate finalmente le priorità del sistema economico e produttivo: il lavoro, il fisco, le infrastrutture. Purtroppo, gli esiti delle decisioni, come pure gli indirizzi generali, non sono per niente rassicuranti.

Del decreto dignità si è già detto anche troppo: il primo vero atto collegiale del nuovo Esecutivo rende più incerto e imprevedibile il quadro delle regole in cui operano le imprese italiane. Si tratta dell’esatto contrario delle finalità di semplificazione e snellimento burocratico dichiarate dal nuovo Governo all’atto del suo insediamento.

Allo stesso modo, siamo allarmati dalle possibili derive del dibattito sulle infrastrutture. Le quali, uso le parole del nostro presidente Boccia, «non sono una questione ideologica».

Le arterie internazionali sono in assoluto il vettore necessario della crescita dei territori: favoriscono la circolazione e gli scambi, generano occupazione e concorrono alla competitività. Di più e in particolare: chi conosce in maniera profonda le specificità del sistema industriale italiano e le caratteristiche che ha assunto in questi ultimi anni sa perfettamente quanto lo sviluppo del nostro Paese non possa prescindere dall’alta mobilità. Un passo indietro sulle grandi opere – Tav, Tap, etc… – avrebbe conseguenze disastrose per le prospettive della Penisola. Senza contare l’impatto economico immediato di un’eventuale battuta d’arresto.

Ogni giorno che passa è un giorno perduto, eppure il tempo di questa estate è scandito da un tira e molla, quello tra Lega e Cinque Stelle, che sulle grandi opere ha già i tratti di una insanabile spaccatura. E che intralcia il cammino di misure – flat tax, reddito di cittadinanza, Iva – sulle quali peraltro Confindustria ha già espresso ampie perplessità. Non si tratta di difendere interessi di parte: sono i moti dell’economia reale a suggerire che il sentiment delle imprese e dei loro organi di rappresentanza è un termometro necessario a stabilire quale sia lo stato di salute e quale sia, di conseguenza, la cura. Facciamo la nostra parte, in un rapporto dialettico e costruttivo, valutando i provvedimenti, non i governi. E ai governi chiediamo di fare lo stesso sforzo: di uscire dalle ideologie e dalle impostazioni politiciste per trovare soluzioni concrete a problemi che lo sono altrettanto.

È la stessa collaborazione che offriamo e chiediamo a livello territoriale. Nel nostro Trentino lo scenario è particolarmente delicato. Con il passare delle settimane, anziché dipanarsi, la matassa delle alleanze preelettorali si va progressivamente ingarbugliando. Avevamo invocato un’assunzione di responsabilità, da parte delle forze politiche, affinché sapessero coalizzarsi intorno a programmi forti e condivisi, capaci di consolidare, anche nella nostra provincia, la ripresa in atto. Ma andiamo, mi pare, nella direzione opposta: sentiamo parlare solo di nomi e persone, e abbiamo perso oramai il conto delle liste. Anche qui, non c’è davvero tempo da perdere. E anche questo non è solo un appello della nostra categoria.