Al via la vendemmia 2018 con +15% di raccolto

Sfida testa a testa con la Francia per primato mondiale. Italia leader internazionale per export vinicolo. 

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monitor distretti industriali del triveneto Coronavirus e il vino prosecco vendemmia 2018

Al via la vendemmia 2018 in Italia che si prevede nel 2018 con una produzione complessivamente in aumento tra 10% e il 20% con circa 46/47 milioni di ettolitri rispetto ai 40 milioni dello scorso anno, che per la grave siccità è stata tra le più scarse dal dopoguerra. E’ quanto stima la Coldiretti in occasione in occasione del distacco del primo grappolo di uva nell’azienda agricola Faccoli in via Cava a Coccaglio, nella provincia di Brescia in Franciacorta che come tradizione inaugura l’inizio della raccolta lungo la Penisola con la vendemmia delle uve Pinot e Chardonnay per la produzione di spumanti, le prime ad essere raccolte.

Un risultato praticamente in linea con la media dell’ultimo decennio che – sottolinea la Coldiretti – riapre la tradizionale sfida per la supremazia produttiva mondiale con un testa a testa tra Italia e Francia dopo il primato conquistato dal vino tricolore lo scorso anno. Secondo le prime stime di Agreste, il servizio statistico del ministero dell’Agricoltura francese la produzione dei cugini d’oltralpe dovrebbe essere di 46,8 milioni di ettolitri, il 27% in più dello scorso anno, anche se con preoccupazioni per muffe e marciumi in Languedoc e a Bordeaux.

La vendemmia del 2018 per effetto delle piogge che hanno caratterizzato la primavera e l’inizio dell’estate – continua la Coldiretti – si allunga con un ritardo di circa una settimana rispetto allo scorso anno. In Italia le condizioni attuali fanno ben sperare per una annata di buona/ottima qualità anche se l’andamento della vendemmia dipenderà molto dal resto del mese di agosto e da quello di settembre. Da nord a sud della Penisola si parte tradizionalmente con le uve pinot e chardonnay in un percorso che prosegue a settembre ed ottobre con la raccolta delle grandi uve rosse autoctone Sangiovese, Montepulciano, Nebbiolo e che si conclude addirittura a novembre con le uve di Aglianico e Nerello.

La produzione italiana, secondo la Coldiretti, sarà destinata per oltre il 70% dedicata a vini DOCG, DOC e IGT con 332 vini a denominazione di origine controllata (Doc), 73 vini a denominazione di origine controllata e garantita (Docg), e 118 vini a indicazione geografica tipica (Igt) riconosciuti in Italia e il restante 30% per i vini da tavola. Sul territorio nazionale ci sono 504 varietà iscritte al registro viti contro le 278 dei cugini francesi a dimostrazione del ricco patrimonio di biodiversità su cui può contare l’Italia che vanta lungo tutta la Penisola la possibilità di offrire vini locali di altissima qualità grazie ad una tradizione millenaria.

La novità di quest’anno è il ritorno dei voucher in agricoltura dopo l’approvazione definitiva del decreto dignità che secondo la Coldiretti potrebbe assicurare 25.000 posti di lavoro occasionali a studenti, disoccupati, cassintegrati e pensionati durante la vendemmia che è il settore in cui sono stati in passato impiegati quasi la metà dei voucher agricoli. «Ora  – conclude Coldiretti – occorre fare prestissimo per adeguare la procedura Inps affinché le novità sui voucher tanto attese dalle imprese viticole siano immediatamente disponibili ed evitare che la burocrazia rallenti o addirittura vanifichi gli sforzi fatti dal Governo e dal Parlamento».

Con l’inizio della vendemmia l’Italia festeggia intanto il record storico delle esportazioni di vino “Made in Italy” che fanno registrare un aumento del 5,9% rispetto allo scorso anno quanto avevano raggiunto su base annuale di circa 6 miliardi di euro, la prima voce dell’export agroalimentare nazionale. Dalla vendemmia in Italia si attiva un motore economico che genera oltre 10,6 miliardi di fatturato dalla vendita del vino, realizzato più all’estero che in Italia, che offre opportunità di lavoro nella filiera a 1,3 milioni di persone tra quelle impegnate direttamente in vigne, cantine e nella distribuzione commerciale e quelle presenti in attività connesse e di servizio. ll tutto sostenuto da una struttura produttiva – spiega Coldiretti – che conta 310.000 aziende agricole e quasi 46.000 aziende vinificatrici su una superficie a vite di 652.000 ettari.

Le esportazioni di vino italiano nel mondo – sottolinea la Coldiretti – hanno un effetto traino di immagine per l’intero “Made in Italy”. Le vendite nel primo quadrimestre dell’anno hanno avuto un incremento in valore del 4,7% negli Usa che sono di gran lunga il principale cliente anche se preoccupano le nuove politiche protezionistiche del Presidente Usa Donald Trump. L’aumento è stato – continua la Coldiretti – del 4,9% in Germania al secondo posto mentre si registra un brusco calo del 5% nel Regno Unito che nonostante gli effetti della Brexit resta sul podio dei principali clienti.

A preoccupare per il futuro sono i rischi connessi agli accordi internazionali siglati, o in via di definizione, dall’Unione Europea, dal Ceta con il Canada fino al Mercosur con i paesi sudamericani, dove sono centinaia le Doc italiane che potrebbe rimanere senza tutele. In Canada ad esempio non trovano al momento tutela importanti vini quali l’Amarone, il Recioto e il Ripasso della Valpolicella, il Friularo di Bagnoli, il Cannellino di Frascati, il Fiori d’arancio dei Colli Euganei, il Buttafuco e il Sangue di Giuda dell’Oltrepo’ Pavese, la Falanghina del Sannio, il Gutturnio e l’Ortrugo dei Colli Piacentini, la Tintillia del Molise, il Grechetto di Todi, il Vin Santo di Carmignano, le Doc Venezia, Roma, Valtenesi, Terredeiforti, Valdarno di Sopra, Terre di Cosenza, Tullum, Spoleto, Tavoliere delle Puglie, Terre d’Otranto.

Mentre l’accordo con il Giappone – continua la Coldiretti – prevede la protezione da parte del Paese del Sol Levante di appena 25 denominazioni italiane, dall’Asti al Brunello di Montalcino, dal Franciacorta al Soave, dal Marsala al Lambrusco di Sorbara fino al Vino Nobile di Montepulciano solo per citarne alcuni. Non va meglio per la trattativa in corso con i paesi del mercato comune dell’America meridionale di cui fanno parte Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay (Mercosur), con una forte vocazione vitivinicola. «Il negoziato – rileva la Coldiretti – appare molto complesso anche per la presenza in Brasile di diversi produttori di Prosecco specialmente nella zona del Rio Grande che rivendicano il diritto di continuare a fare questo vino italiano anche perché la varietà vitis vinifera “prosecco tondo” risulta iscritta nella banca dati brasiliana del germoplasma sin dal 1981».